Enrico Letta, caos Pd: "Non mi ricandido. Sconfitti perché al governo da 10 anni"
"Non credo nella vocazione maggioritaria del Pd, non è mai stata la mia strategia... Ma a dialogare mi sono trovato da solo...". Enrico Letta alza bandiera bianca, annuncia che non si ricandiderà alla guida del partito nel prossimo congresso e scarica le responsabilità della sconfitta sugli alleati mancati, Giuseppe Conte e Carlo Calenda. "Chi verrà dopo di me dovrà lavorare per costruire un campo inclusivo", ha avvertito il segretario, da oggi uscente, spappolato dal 18% racimolato alle elezioni politiche poche ore fa. Quindi una spiegazione che sa di beffa, per gli italiani: l'essere stato al governo per dieci anni "è stato il limite maggiore del Pd".
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"Non mi ricandiderò al congresso del Pd", ha spiegato, definendolo "un congresso di profonda riflessione, sul concetto di un nuovo Pd che sia all'altezza di questa fida epocale, di fronte a una destra che più destra non c'è mai stata. Assicurerò con spirito di servizio la guida del Pd fino al congresso a cui non mi presenterò da candidato".
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"Gli italiani e le italiane hanno scelto, è stata una scelta chiara e netta - ha esordito nella sua conferenza stampa -. L'Italia avrà un governo di destra, la tendenza emersa in Svezia è confermata anche in Italia. E' un giorno triste per l'Italia e l'Europa, ci aspettano giorni duri". Il segretario non abbandona dunque i toni allarmistici, al limite del terrorismo psicologico, dopo la vittoria di Giorgia Meloni e Fratelli d'Italia alle urne. Nessun esame di coscienza, però, nessun mea culpa. Letta si mostra in evidente stato di confusione: "Se siamo arrivati al governo Meloni è per via del fatto che Conte ha fatto cadere il governo Draghi". Il "campo largo - prosegue - sarebbe stato l'unico modo per battere la destra, non è stato possibile non per colpa nostra".
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Riconosce perlomeno "il risultato insoddisfacente" e promette: "Faremo opposizione, sappiamo farla, l'abbiamo già fatta. La faremo dura e intransigente". Un passaggio anche per Emma Bonino, l'esponente di +Europa candidata del centrosinistra a Roma e sconfitta da Lavinia Mennuni del centrodestra e "dal fuoco amico degli ex alleati". Il riferimento è ovviamente a Calenda, anche lui candidato nella Capitale e rimasto fuori dal Parlamento.