Marco Damilano lincia il centrodestra in tv? E in Rai... altra vergogna
Notizia numero uno: se qualcuno cercava la motivazione perla proposta Salvini di abolizione del canone Rai la può trovare nella figura di Marco Damilano, fazioso conduttore di una nuova trasmissione contro il centrodestra. Notizia numero due: a pochi spicci dalla conclusione della campagna elettorale, la Rai ci offre la requisitoria di un filosofo francese piuttosto estremista della gauche caviar, la sinistra al caviale francese, come ci ha ricordato ieri mattina Andrea Delmastro, deputato e dirigente di Fdi. Notizia numero tre: ovviamente, a viale Mazzini, dove Damilano ha persino gli studi di trasmissione, unico nell'azienda, nessuno lo metterà in discussione.
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SENZA REPLICA Certo, Bernard-Henri Levy, che nel suo curriculum vanta persino la strenua difesa di Cesare Battisti, terrorista assassino, non poteva perdere la ghiotta occasione su RaiTre. Ma il programma di Damilano, nato per far rete contro il Tg2 di Gennaro Sangiuliano, si è invece prodotto in uno spettacolare autogol alla Niccolai, invitando un signore che se l'è presa col centrodestra, la democrazia, il popolo italiano. Domenica prossima il centrodestra torna al governo dell'Italia e lui maledice gli italiani che lo votano. Il servizio pubblico in Italia è diventato questo. Lunedì sera Damilano ha toccato il fondo con quell'ospite che per tutto il tempo della trasmissione ha attaccato malamente gli esponenti del centrodestra, ovviamente scomodando il fascismo. Il tutto senza replica, salvo una ritirata del conduttorenella puntata di ieri: «Da alcune affermazioni ho preso le distanze in diretta, altre non le condivido». Ieri l'ospite era lo storico Giovanni Orsina: «Non c'è nessun allarme fascismo in Italia» ha detto ieri Orsina, «è ridicolo parlarne. Questa campagna segnerà la fine dell'antifascismo, è stato un tema importante ma se n'è abusato». L'unica fortuna è che pare, dicono, giurano Bernard-Henri Levy non sarebbe stato pagato per la trasmissione. E ci mancherebbe pure. Ma resta il misfatto. «Il Cavallo e la Torre», si chiama così il programma di Damilano. Ci mancava il somaro e lo ha reclutato Oltralpe. Il conduttore frignava sulle responsabilità della sinistra che con i governi dei tecnici «ha lasciato sguarnito il popolo» che poi vota a destra. E quell'altro ha reagito così: «Ma che c'entra l'Europa con la corruzione degli uomini di Salvini». Proprio così, senza che Damilano gli opponesse un "chi"? Poi l'attacco ad alzo zero proprio contro Salvini, «che voleva andare a Mosca per negoziare il suo futuro politico». Così, e neanche qui nessuno a chiedere al "filosofo" se fosse impazzito. Ci mancava solo che citasse i finanziamenti finti della Russia alla Lega, che pena per la Rai. E pure per Berlusconi, che ha definito Putin «un umanista, un uomo di grandi qualità morali», beccandosi da Bernard-Henri Levy l'espressione «una vergogna». Solo propaganda, senza peritarsi di ascoltare il pensiero altrui.
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Ancora: «Oggi c'è una tentazione fascista in Europa e nei prossimi giorni in Italia». Qui è arrivato il balbettio di Da Milano, «credo che l'elettorato vada sempre rispettato in democrazia». Nel gioco delle parti è arrivata la risposta di possente di Bernard-Henri Levy: «No», e chi l'ha detto che il popolo debba essere sempre rispettato. «Non sempre sono scelte rispettabili». Per lui «un fascista non si converte alla democrazia» e quindi domenica prossima l'Italia sarebbe rovinata... Comico quel «mi permetta di dissentire» pronunciato da Damilano, che cominciava a capire in che bufera si stava cacciando. Ma quel personaggio lo ha invitato lui, sapeva di chi si tratta, ma pur di attaccare oltre ogni misura il centrodestra non ci si ferma affatto, alla Rai. E qui sta il tema sollevato da Salvini. Se è possibile ignorare persino la par condicio; se per favorire una parte politica si tollera un comizio di uno stravagante straniero contro la parte data per vincente; se cade ogni regola di pluralismo; vuol dire che il servizio pubblico si è trasformato in un'armata al servizio della sinistra. E di questo qualcuno dovrà essere chiamato a rispondere, a partire dall'ad Carlo Fuortes, che ha fortemente voluto Damilano per poi offrirci uno spettacolo del genere. Ma c'è almeno metà del nostro popolo schierato con Meloni, Salvini e Berlusconi e che non può certo vedere insolentiti in questa maniera i propri beniamini, per di più pagandoci sopra una tassa odiosa. Ma anche basta.