Fondi russi, smontata la bufala. Ma nessuno a sinistra chiede scusa alla Lega
La bufala c'è, il caso sarebbe chiuso, ma si potrebbe finire lo stesso in tribunale perché c'è chi giustamente non accetta la montagna di fango che si è trovato incredibilmente addosso. Perché la castroneria intitolata "fondi russi" ha fatto davvero un male esagerato, ha rischiato di far passare il nostro paese come una banda di ladri e ha puntato soprattutto a far male a Matteo Salvini. Ma non era vero niente. Dalla Russia non è arrivato un solo euro in Italia dei famosi trecento milioni trasferiti in 24 Paesi. La campagna maldestramente orchestrata dalla sinistra utilizzando sciagurate "informazioni" americane è diventata carta da coriandoli grazie all'audizione del sottogretario delegato i servizi di sicurezza, Franco Gabrielli davanti al Copasir convocato dal presidente Adolfo Urso. Lo stesso premier, Mario Draghi, ha pronunciato parole nette sullo scandalo che non c'è. Ed è ovvia la reazione di Matteo Salvini, serena ma determinata, che nei giorni scorsi ancora una volta è stato messo nel mirino per soldi mai ricevuti: «Dopo fango, insinuazioni e attacchi vergognosi, ora mi aspetto delle scuse. Adesso la sinistra inizierà a parlare finalmente di Italia?». E con Libero ha rincarato la dose: «Letta, Di Maio, Calenda, Bonino, giornalai e pseudointellettuali vari, aspetto le loro scuse. E intanto querelo».
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L'AUDIZIONE
L'audizione di Gabrielli al Copasir è durata un'ora e venti minuti. «Nel corso dell'audizione sono stati forniti elementi, riguardanti le recenti dichiarazioni rese dall'amministrazione Usa in ordine alle attività di ingerenza russa nei processi democratici di diversi Paesi, dai quali non sono emersi profili concernenti la sicurezza nazionale del nostro Paese», ha sottolineato Urso in una nota diffusa al termine della riunione. Gabrielli avrebbe illustrato i rapporti di Dis e Aise, redatti sulla base delle informazioni ricevute dagli Usa e avrebbe anche fatto riferimento alla telefonata tra il premier Mario Draghi e il segretario di Stato americano Antony Blinken, dal quale sono arrivate garanzie sull'assenza di riferimenti a partiti politici italiani.
Sul tema lo stesso Draghi ha voluto far sentire la propria opinione: «Ho avuto una telefonata con il segretario di Stato Blinken, perché la cosa più naturale da fare era chie dergli cosa sapesse. È quel che ho fatto. Sostanzialmente il segretario di Stato Usa mi ha confermato l'assenza di forze politiche italiane nella lista di destinatari di finanzia menti russi oggetto dei lanci giornalistici di questi giorni. Poi si è anche riservato di verificare se ci fosse evidenza in altri documenti a disposizione delle autorità americane e si è impegnato di comunicar lo tramite canali istituzionali. anche Vorrei aggiungere un'altra cosa», ha continuato il premier: «La democrazia italiana è forte, non è che si fa abbattere da nemici esterni, dai loro pupazzi prezzolati.
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Dobbiamo essere fiduciosi nella nostra democrazia. Non bisogna avere timore di qualunque voce. È chiaro che negli ultimi venti anni il governo russo, e questo risulta da amplissime ricostruzioni internazionali, ha effettuato una sistematica opera di corruzione nel settore degli affari, della stampa, della politica, in tanti settori, in molti Paesi europei e negli Stati Uniti. Queste sono cose note, non c'è niente di cui stupirsi». Però c'è stato chi ha tentato di influenzare il voto del 25 settembre, di avvelenare i pozzi. Ci sono state redazioni giornalistiche mobilitate, a partire da Repubblica, per fare a pezzi il centrodestra e segnatamente il leader della Lega.
LA CAMPAGNA
Una vera e propria campagna denigratoria ad orologeria si è rivelata una penosa sceneggiata, che rischia di trasformarsi in un doloroso boomerang, come ha avuto modo di notare il parlamentare leghista Arrigoni, che è membro del Copasir: «Le parole del prefetto Gabrielli, che si aggiungono alle verifiche operate dal presidente Draghi ed alle rassicurazioni fornite dal presidente Urso, sono la pietra tombale a tanta faziosità». «Lo capisca» aggiunge «anche il ministro Di Maio, che blatera da giorni di commissioni di inchiesta e di probabili nuovi dossier, approfittando della sua carica per gettare discredito senza fornire prove. Il centrodestra è al servizio esclusivamente degli italiani, e lo dimostrerà esprimendo un governo solido ed efficiente se gli elettori ce ne daranno la possibilità». E non sarà un caso se lo stesso Urso, dopo l'audizione, ha detto che «il caso è chiuso». Chi glielo dice a Repubblica e soci?