Pd, Letta "professor parolaccia": cosa dice per sembrare giovane
Enrico Letta ha impostato la campagna elettorale del Partito Democratico su un binario solo: quello dell'odio. E così, oltre ad attaccare gli avversari politici, pretende anche di dar loro lezioni di stile. Inutile ricordare i ripetuti allarmi lanciati con lo slogan «arrivano i barbari», un ritornello della sinistra per attaccare il centrodestra. E dietro la parola "barbaro" si dà per scontata una certa sguaiatezza nei modi di fare politica e nella gestione della cosa pubblica. Ebbene, a ben vedere l'unico vero "barbaro" di questa campagna elettorale ha la residenza in largo del Nazareno. Letta, sul piano della comunicazione, ha perso il controllo.
Pd, il solito "golpetto" di partito: gli elettori fanno solo finta di scegliere il leader
E a testimoniarlo ci sono alcune uscite volgari che hanno accompagnato le sue scorribande a bordo del bus Pd che ha fatto ridere tutti. Il turpiloquio targato Letta comincia a luglio con questa frase: «Ci chiedono se andremo sotto gli ombrelloni a rompere i coglioni alla gente? Noi partiamo dall'idea che molta parte dell'Italia non è sotto gli ombrelloni perché non è nelle condizioni». Ma il galateo dei modi accompagna il segretario del Pd anche nei suoi comizi, fin sopra il palco.
Destinato a schiantarsi: ecco chi prepara già la festa per Letta, voci clamorose
Nella sua città natale, Pisa, l'ex premier pur di perdere qualche altro voto ha usato un'altra espressione che definire infelice è riduttivo: «Forza Pisa, Livorno m...», un urlo che ha fatto evaporare gli ultimi 3 voti rimasti al Pd nel Livornese. E dopo questa frase nessuno nel suo staff gli ha chiesto di moderare il linguaggio. A quanto pare sono tutti rassegnati alla sconfitta che ormai appare imminente. Così Letta si è sentito autorizzato a usare ancora una volta l'arma della volgarità. Ma questa volta ha fatto un salto di qualità, il turpiloquio l'ha portato in tv, a Piazzapulita, nelle orecchie di Corrado Formigli. In questo caso ha usato un modo colorito per rassicurare i suoi elettori sulla improbabile ipotesi di un governo di larghe intese dopo il voto: «Questa storia che il centrodestra litigherà e che ci sarà un governo di larghe intese, che interverremo come la Protezione Civile, è una sonora minch...». Lo ha ripetuto per almeno tre volte affermando che tornava dalla Sicilia e dunque si sentiva autorizzato a usare un termine che va bene al bar, ma che poco si addice a un ex premier e docente universitario. Sia chiaro, non abbiamo nulla contro la libertà del turpiloquio, ma di certo da chi dà lezioni di stile al centrodestra ci si aspetterebbe una certa moderazione nei toni. Ma Letta è abituato a questo linguaggio. Solo qualche anno fa, quando guidava il governo, affermò, con un tasso di superbia elevatissimo, che in Europa apprezzavano le sue «palle d'acciaio». Beh, guardando alle manovre che sotto il suo naso si stanno preparando per farlo fuori dal Pd, quegli attributi pare li abbia persi già da tempo. Ma con lui è rimasto l'uso della parolaccia con cui spera di raggranellare due preferenze in più tra chi parcheggia in doppia fila in Ztl, il bacino elettorale preferito dal suo Pd.