Giorgia Meloni, Sallusti contro Conte: "Guerra civile, frase di gravità indicibile"
«Guerra civile» non è una frase tanto per dire. No, la guerra civile è la peggior tragedia che possa capitare a un popolo e noi ne sappiamo qualcosa, essendoci passati. Ancora oggi ne portiamo le cicatrici e alcune sanguinano a distanza di quasi ottant'anni. Perciò fa effetto sentire un ex premier italiano, Giuseppe Conte, evocare la guerra civile nel caso il Centrodestra una volta al governo provasse a togliere il reddito di cittadinanza. Già, perché Conte non è uno di quei pazzi che affollano i social dal rutto facile né uno scappato di casa nullafacente alla Di Battista. No, Conte è uno a cui abbiamo affidato per un periodo le chiavi dell'Italia, ha partecipato a vertici internazionali con i grandi del mondo, ha avuto per due volte la fiducia del Parlamento, era di casa al Quirinale; insomma, è uno dal quale non ti aspetti una minaccia eversiva o terroristica.
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Quella frase è di una gravità indicibile, mette a rischio la vita di persone e la stabilità del Paese - che con il terrorismo mascherato da rivoluzione sociale ha già ampiamente dato negli anni '70 - ed è la prova che, dietro la maschera dell'antifascismo, spesso si nascondono facce violente e criminali insospettabili, anche se girano in doppiopetto e pochette. Senza contare che l'allarme di Conte è privo di fondamento. Giorgia Meloni, rispondendo a una mia domanda l'altra sera a Porta a Porta, è stata chiara: se toccherà a lei, i disoccupati non in grado di lavorare continueranno a essere assistiti («non lasceremo indietro nessuno») mentre quelli in grado di lavorare forse è meglio che vengano aiutati non a stare a casa ma a trovare un posto. Non mi sembra, quella della Meloni, una posizione golpista che meriti la proclamazione di una guerra civile. Semmai, Conte dovrebbe chiedersi- cosa che raccontiamo oggi- come mai una rom percepisse il reddito essendo proprietaria di 74 autovetture di lusso.
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Dettagli a parte, un ex premier che minaccia una guerra civile la dice lunga su che rischio abbiamo corso con lui al governo e che rischio correremo se, Dio non voglia, lui e i suoi compari dovessero tornare da quelle parti. Detto questo, non saranno le parole di un perdente frustrato a fare cambiare idea a noi né, mi auguro, ai leader del centrodestra.