Enrico Letta, la Meloni propone riforme condivise? La sinistra dice sempre no
Uno tende la mano alle riforme condivise, ma poi se le vede bocciare. E allora chi è quello che lavora a dividere il Paese? Chiederlo a Letta che ieri ha detto no alla proposta della Meloni di far nascere una commissione Bicamerale per lavorare al presidenzialismo, per lei «la madre di tutte le riforme». Ma il segretario Pd l'ha bocciata. Non per una questione di metodo, ma di obiettivi. «Anche noi vorremo discutere di riforme assieme agli altri - ha spiegato - ma le nostre riguarderanno le parti non centrali della Costituzione. Noi ci opporremmo in tutti i modi al presidenzialismo, bicamerale o non bicamerale». Anche il leader del M5S Conte è perplesso: «Sul presidenzialismo non hanno proprio le idee chiare - ha detto - Ci sono tanti modelli. Mi sembra che parlino suggestivamente di trapiantare un modello nella nostra tradizione parlamentare completamente diversa, quindi attenzione a ragionare con tanta facilità, qualsiasi sistema richiede pesi e contrappesi».
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Più possibilista il leader di Azione Calenda: «L'istituzione di una commissione bicamerale mi sembra una buona soluzione per discutere di riforme costituzionali. Dopodiché, purtroppo, il rischio di finire nel nulla è molto elevato». Un progetto presidenzialista della leader di Fdi è approdato alla Camera, a maggio, ma allora quello della Meloni era il partito di opposizione, e la proposta venne bocciata. Ora pare che l'orizzonte stia cambiando. «La democrazia non è a rischio se vince la destra, il nostro sistema regge e reggerà, sono gli italiani che scelgono», ha detto Letta calibrando l'allarme lanciato nei giorni scorsi. Secondo il segretario Pd, però, con le "distorsioni" di questa legge elettorale, anche con il 43% dei voti la coalizione di centrodestra può ottenere il 70% dei seggi ed essere nelle condizioni di cambiare da sola la Costituzione. Da qua due linee di intervento del Pd: la spinta ai candidati a lottare "con gli occhi di tigre" per vincere in quei 60 seggi uninominali contendibili; e la partita per il voto utile: «Chi sceglie Terzo polo e 5 Stelle sostanzialmente favorisce la destra», ha ripetuto Letta.
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Al Nazareno ripetono che «la rimonta è possibile»: la partita si gioca in quella sessantina di collegi, divisi fra "facili", "difficili" e in "bilico". «Rovesceremo i pronostici e i sondaggi», ha detto Letta. Ma il Rosatellum resta uno scoglio. L'avversione di Letta per la legge elettorale lo ha portato financo a dirsi d'accordo con la Meloni: «Ha ragione quando dice che lo impose il Pd. Ma fu Renzi, che pensava a se stesso, credendo di prendersi il 70 per cento del Parlamento, poi è andata come è andata». L'attacco a Renzi è diffuso al Nazareno : «Disconosce la legge elettorale che porta il nome del presidente del suo partito - commentano nel Pd - e questo la dice lunga: quella legge fu il tentativo renziano di alterare gli equilibri politici alla vigilia delle elezioni». Per il leader di Iv «Letta non si rende conto che facendo una campagna elettorale dominato dal rancore personale verso di me sta distruggendo il Pd».
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