Pd, la sconcertante frase di Rachele Scarpa sui "soldi"
L'Italia è una Repubblica fondata «sul dover interrompere quel circolo vizioso» chiamato «lavoro», se questo «è l'unico mezzo di sostentamento per le persone». Ecco che cosa potrebbe capitare all'articolo 1 della Costituzione se l'Italia dovesse finire nelle mani dei piccoli "lettiani", tipo la trevigiana Rachele Scarpa: uno degli under 35 selezionati dal leader del Pd per rimpolpare di novità il prossimo Parlamento. Una boutade - questa del denaro che si dovrebbe ottenere anche senza dover faticare (uscita stanata sui social dal renziano Luigi Marattin) - figlia della giovane età della candidata ed esasperata da noi cattivoni di Libero? In realtà, la frase pronunciata - anzi letta da un testo scritto - dall'ex sardina finita inscatolata nelle liste dem per la Camera, è solo l'ultima delle gaffe dei pargoli di Letta che abbiamo già denunciato sul nostro giornale.
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QUANTI SCIVOLONI
Ricordate le uscite sullo Stato di Israele definito «regime di apartheid»? Esatto, parliamo proprio di lei: una degli antisionisti impenitenti e nostalgici del comunismo sovietico - tutti capilista in diverse regioni (Scarpa in Veneto) - che hanno messo in serio imbarazzo Enrico Letta con la comunità ebraica e non solo. Un boomerang che è costato l'esclusione di uno dei capilista (Raffaele La Regina) e che ha aperto uno squarcio inquietante commentato così dallo storico Paolo Mieli intervistato da Pietro Senaldi: «I giovani presentati a Letta per essere candidati capilista non somigliano a quelli come Filippo Andreatta che lui frequentava a trent' anni ma a quelli dell'antica Federazione Giovanile Comunista. La sensibilità diffusa della sinistra alla fine èlì che va a parare». Rachele Scarpa conferma la lettura di Mieli. La piddina non si è limitata all'odio anti-israeliano né alle invettive anti-Draghi e pro-«patrimoniale subito». Per la sua "dottrina" economica, l'emancipazione dal lavoro si staglia come una sorta di nuovo orizzonte del proletariato.
Nel maggio dell'anno scorso, a margine del progetto "Next generation Pd", interveniva così sul tema spiegando ai suoi coetanei - a proposito di «circolo vizioso» - che il lavoro «è sempre più dequalificato, sottopagato e precario». Un'attività «che sottrae tempo alla vita anziché essere parte della vita e del tempo di vita».
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LE POLEMICHE
Siffatta uscita è stata riprodotta dal deputato Luigi Marattin. «Che cosa significa? - ha infilzato l'economista di Italia Viva - Che lo debba invece essere la rendita, dietro cui non c'è produzione, crescita, occupazione? Oppure il sussidio?». Insomma: chi paga questa "interruzione" per restituire ai pargoli «parte della vita e del tempo di vita»? Colta ancora in fallo, come è avvenuto con i post antisionisti, Scarpa ieri non solo ha rivendicato l'uscita ma si è rifugiata nella vecchia critica marxista fra struttura e sovrastruttura: «Immaginare forme di sostegno al reddito universali non deve essere un tabù: è solo una delle strade percorribili per rendere concreti i principi di emancipazione della nostra generazione attraverso il lavoro e giusta retribuzione».
Tradotto: per uno dei nuovi "big" del Pd apagare peril "non lavoro" deve essere lo Stato. Possiamo ipotizzare già come pagherà: con nuovo debito pubblico. O perché no, come intendono già fare Letta & co con la dote ai diciottenni, con una "bella" patrimoniale. Ecco spiegato perché un'uscita del genere non poteva lasciare indifferenti i leghisti. «Peccato che i soldi non crescano sugli alberi, in Veneto ce lo hanno insegnato sin da piccoli». A scagliarsi lancia in resta è Andrea Ostellari, presidente della Commissione Giustizia del Senato, certo che il 25 settembre «i veneti daranno fiducia a chi ama e rispetta il lavoro, non alla sinistra delle tasse e dell'assistenzialismo. Con questa ulteriore gaffe il Pd ha svelato il suo vero volto».