Elezioni, la sinistra fa di tutto per dividere il Paese: perché non sono "democratici"
Enrico Letta - forse per la disperazione causata dai sondaggi- ha fatto una scelta controproducente: soffiare sul fuoco della contrapposizione e avvelenare il clima della campagna elettorale, trasformandola in una sorta di tribunale apocalittico del Bene e del Male, come se fosse una guerra civile. Lo si è visto con il manifesto manicheo dove contrappone una metà nera (la destra cattiva) e una metà rossa (il Pd buono), intimando di scegliere tra Putin e l'Europa. Questa contrapposizione metafisica (sommersa dalle battute e dai meme della rete) ha esposto Letta anche all'ironia di Marco Travaglio che gli ha chiesto: «Ma se la destra ti fa così schifo perché continui a rimpiangere il governo» con Lega e Forza Italia? Del resto tutta la campagna elettorale del Pd è basata sulla demonizzazione e punta alla delegittimazione degli avversari, fomentando la divisione del Paese: da una parte il Bene (che ovviamente sarebbe Letta stesso e il Pd) e dall'altra il Male (che sarebbe il centrodestra), da una parte la civiltà (sempre il Pd), dall'altra la barbarie (chi manda il Pd all'opposizione).
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IL SENTIRE DEL POPOLO
Questa affannata drammatizzazione del voto è estranea al sentimento degli italiani, perché l'italiano medio non pensa certo di suicidarsi se Fratoianni e Di Maio vanno all'opposizione. Quello che angoscia la nostra gente è tutt' altro e passa dalla questione bollette/energia. Proprio perché le difficoltà sono già tante e per l'autunno si annunciano pesantissime, il Centrodestra sembra voler fare un discorso opposto a quello di Letta. In effetti mai come oggi il Paese ha bisogno di essere unito per affrontare problemi enormi che ci stanno arrivando già addosso. I partiti devono dimostrare serietà, collaborare e dialogare civilmente fra loro per trovare le soluzioni migliori per il Paese. Pare di capire che i leader del Centrodestra, in questi giorni, stiano scegliendo proprio questa linea, non volendo essere trascinati dal Pd in liti da pollaio che sono insopportabili per la gente comune. Probabilmente lo fanno anche perché hanno un grande vantaggio nei sondaggi e non devono rincorrere nessuno. Tale linea costruttiva si nota, per esempio, nella proposta di ieri di Salvini di un «armistizio tra i leader» per chiedere a Draghi di agire subito contro il drammatico aumento del costo del gas. Analogamente la si vede nella scelta di Giorgia Meloni di non sottolineare la situazione disastrosa in cui il governo Draghi ha portato il Paese (il problema del prezzo del gas c'era già prima della guerra in Ucraina, sia per le scelte assurde della Ue, sia per la speculazione, sia per l'aumento della domanda cinese e il nostro esecutivo non ha agito come doveva). La Meloni, invece di puntare il dito, cerca un dialogo con Draghi perché il Paese avrà bisogno della collaborazione di tutti, anzitutto della sua, a livello internazionale. Così fa pure Berlusconi ipotizzando futuri ruoli internazionali per Draghi. Certo, i leader del Centrodestra dovranno guardarsi da chi cerca di avvelenare i rapporti fra di loro e forse devono sopire anche i dissensi veri che i media ogni giorno cercano di amplificare. Ma il senso di responsabilità verso il Paese, in questo momento, dovrebbero averlo tutti. Lo ha dimostrato Draghi, nel suo discorso al Meeting, deludendo chi - come Letta, Renzi o Calenda - sperava che delegittimasse il centrodestra. Che sia per calcolo come ritengono alcuni (ipotizzando ancora sue ambizioni quirinalizie) o sia perché Draghi è pronto a collaborare, di fatto il premier dimissionario ha dato - sia pure con le sue idee - un contributo alla legittimazione reciproca, incoraggiando l'unità e la fiducia («il prossimo governo, qualunque sia il suo colore politico, riuscirà a superare quelle difficoltà... L'Italia ce la farà»). Non si può dire la stessa cosa, purtroppo, di chi, come Letta, dipinge ai media internazionali il nostro Paese sull'orlo del baratro, dove l'Italia sprofonderebbe - a sentir lui- in caso di vittoria del centrodestra.
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LA REPLICA
La Meloni ha ribattuto: «La sinistra va in giro a screditare la Nazione per difendere il proprio tornaconto. Enrico Letta utilizza la sua intervista alla Cnn non per parlare bene della sua Patria, o almeno del suo programma, ma per lanciare allarmi e menzogne... A Letta non importa se così facendo danneggia l'Italia, la sua unica preoccupazione è tutelare il sistema di potere della sinistra italiana». Anche i media dovrebbero evitare di drammatizzare. Ma invece ogni giorno alimentano lo scontro di civiltà. Ieri, poi, il quirinalista del Corriere della sera ha pubblicato un "retroscena" in cui si attribuivano «al Colle» reazioni di «stupore» nei confronti di dichiarazioni della Meloni e si spiegava che Mattarella avrebbe dato l'incarico di Primo Ministro senza «alcun automatismo», ma facendo sue considerazioni su «la cornice geopolitica» (e il voto degli italiani, veniva da chiedersi, conterà qualcosa?). Tempestiva e opportuna è arrivata una nota dell'ufficio stampa del Quirinale: «Sono del tutto privi di fondamento articoli che presumono di interpretare o addirittura di dar notizia di reazioni o "sentimenti" del Quirinale su quanto espresso nel confronto elettorale. Questi articoli riflettono inevitabilmente soltanto le opinioni dell'estensore». Il Presidente vuole (giustamente) essere lasciato fuori dalle polemiche della stampa.
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