Giorgia Meloni, presidenzialismo? Dem campioni di propaganda
Se il dibattito sulle riforme istituzionali, a cominciare da quelle rivolte in senso presidenzialista, registrasse opposti convincimenti tecnici e politici, sarebbe un conto. Un altro conto è che si sviluppi lungo la linea retorico-propagandistica per cui una qualunque riforma della struttura esecutiva e rappresentativa dell'ordinamento preluderebbe a chissà quale involuzione autoritaria. Quel che va meglio a chi avversa ideologicamente la dotazione di diversi poteri presidenziali, e un diverso modo di intenderne la legittimazione, è la specie di tutela commissariale, sostanzialmente incontrollata e sotterraneamente invasiva, cui si è risolta nei decenni la funzione presidenziale.
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Ciò che va sotto il nome di "moral suasion" altro non è mai stato che un'opera di inesausta interferenza - ora intimidatoria, ora di compiacente smistamento di lasciapassare e interdetti- che ha dato luogo a un vero e proprio riassetto di fatto dei poteri costituzionali: con quello di vertice, appunto, lasciato libero di fare stato sullo Stato a prescindere dal vincolo costituzionale, e spesso in violazione di quel vincolo.
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Chi siano quelli che più hanno usufruito dell'andazzo, senza neppure istigare orientamenti favorevoli perché nemmeno era necessario, visto il rapporto di reciproco accreditamento col potere di vertice, è inutile precisare: sono coloro che non vogliono un presidente eletto perché preferiscono continuare ad avere il loro.