Ruberti, panico nel Pd: "Siamo morti che camminiamo", Letta travolto
«Siamo tutti morti che camminano». Il pessimismo ha contagiato praticamente tutto il Partito democratico d di Roma e del Lazio. E il candidato che pronuncia questa frase è l'unico che parla, sia pure confidenzialmente. L'esplosione del caso Ruberti ha choccato tutti. Ma non perché non sapessero nulla, ma semplicemente perché ora tutti hanno saputo. Il Pd di Roma è un partito che resta malato. Quella fotografia che ne fece sette anni orsono l'ex ministro Fabrizio Barca in un rapporto finito chissà dove, è identica anche oggi. Anzi, oggi si sta più sui social network che nelle sezioni di partito, ma poco cambia nel rapporto del Pd con la società che lo circonda. Allora il Pd aveva a Roma al tempo di quella "Mafia capitale" scardinata dalla Cassazione 108 circoli. Una struttura capillare. Ma 27 di quelle sedi furono considerate dannose, da sigillare. Ora il danno «dice un ex parlamentare non ricandidato, lo fanno negli uffici pubblici o per strada a Frosinone ed è pure peggio».
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I CIRCOLI - Erano i "circoli di qualcuno", quelli delle bande denunciate con coraggio anche dall'ex ministro Marianna Madia, che però ha perso l'uso della parola nelle ore in cui esplode fragorosamente il caso Ruberti. Non chiede che cosa ha provocato una reazione furibonda.
Forse attende pure lei l'esito della Var su un rigore non assegnato, come vogliono farci credere maldestramente tutti i protagonisti del micidiale scontro di Frosinone.
Quando è che un circolo va considerato dannoso? Così rispondeva Barca: «Il Circolo è dannoso perché blocca il confronto sui contenuti, premia la fedeltà di filiera, emargina gli innovatori». Chissà che cosa pensa Barca di quello che esplode oggi. Il potere per il potere che individuava i dannosi di ieri è valido anche adesso o no?
Ad esempio, riguarda anche i fratelli De Angelis, l'uno rimasto deluso dalla caccia al collegio e l'altro illuso sulla possibilità di piazzare polizze assicurative dalla Ciociaria fino alla Capitale? O il sindaco di Giuliano di Roma che in provincia di Frosinone sostiene un consigliere in carica, Buschini, e non la compagna di Ruberti, Sara Battisti? Che cosa ha fatto esplodere l'ormai ex capo di gabinetto di Gualtieri in quelle frasi pesantissime, addirittura con minacce di morte? Nel Pd nessuno fiata. I social sono muti. Il tipico clima di omertà di gruppi dirigenti improvvisamente impauriti. Ad esempio, parla il segretario romano, il deputato Andrea Casu, e non dice nulla. Neanche una parola di censura.
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IL SILENZIO - Tace pure lui, esalta la struttura che guida lui anche se nessuno gliel'ha chiesto. «Non siamo il partito di Suburra», afferma, e pretende di essere creduto come l'oste che magnifica il vino che ha lui e non quello altrui.
Chissà se Casu ha letto quel rapporto del 2015: «I circoli "presidio chiuso" sono quelli segnati da un forte degrado sociale e istituzionale in cui gli interessi cittadini vengono perseguiti ma con un approccio chiuso che blocca rinnovamento e innovazione. I circoli "inerzia catturabile" sono quelli il cui scopo è la loro esistenza e il loro tratto dominante è l'inazione, salvo durante la tornata elettorale. Si tratta di un circolo particolarmente soggetto a essere catturato da scalate esterne volte a promuovere interessi "particolari"». Sicuro che quella stagione sia terminata nel Pd di Roma e nei suoi addentellati istituzionali?
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