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Carlo Calenda smascherato: la voce sul Pd, cambia tutto

Francesco Storace
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Ieri mattina Carlo Calenda si è svegliato come se fosse un gladiatore. Si è specchiato e ha giurato a se stesso di essere pronto a sconfiggere il mondo. Doveva affrontare i giornalisti per esporre il programma e per darsi coraggio si è circondato di ministre fuggite da Forza Italia e probabilmente già pentite (ma senza dirglielo). Poi se ne è andato in conferenza stampa e ha promesso che il 25 settembre batterà nell'ordine Putin, Medvedev, Berlusconi e Salvini. Il pianeta dovrà fare i conti con lui. Una frase infantile dell'ex presidente russo sul voto degli italiani è stata abbastanza usata da quei politici già assisi sul lato della sconfitta elettorale, ma Calenda è stato quello più spregiudicato. Il suo poco per cento va moltiplicato per tutto il globo terreste e quindi si sente di sfidare anche Mosca con frasi più adatte a un bimbetto che a un leader politico.

IL GRIDO DI CALENDA
Presenta il programma elettorale siglato con Matteo Renzi ed esalta Mario Draghi. Il copione è ormai logoro, tanto più che egli fu ministro del primo, mica del secondo che gli ha "concesso" la leadership del fantomatico terzo polo elettorale (che semmai è quello dei Cinque stelle di Giuseppe Conte). Carletto il bulletto sa che ormai gli credono in pochi e allora alza la voce. La sfuriata di giornata prevedeva anche di insinuare che Matteo Salvini preferisce Rifondazione comunista a Giorgia Meloni e lui l'ha ripetuta pensando che facesse ridere l'uditorio. Niente fa fare. La chicca è l'annuncio che dopo le elezioni darà vita ad una nuova forza politica proprio con Renzi, che lo guarda e sorride. In realtà, per chi conosce le cose di Roma, sa che la stessa cosa fu annunciata anche alle comunali: il risultato fu che dopo il voto Azione e Italia viva si spaccarono in due. I quattro consiglieri eletti si dimezzarono.

Siccome Calenda è consapevole che questa cosa ormai si sa, eccolo che mette le mani avanti e a proposito di Roma, svicola e giocherella sul nome di Enrico Michetti, che non vorrebbe vedere come ministro. Ma fa male solo a se stesso a insistere in una polemica gratuita. È solo una cafonata nei riguardi di una persona che non partecipa a queste politiche. Poi, pontifica sull'inesistenza del voto utile per giustificare quello dato a lui. Ci sono "quattro coalizioni", insiste, ma la sua è solo una lista elettorale. Il ritornello serve a pretendere un dibattito a quattro voci, ma se lui dice che a Palazzo Chigi vorrebbe sempre Draghi, a che titolo dovrebbe parlare il leader di Azione anziché il premier? Ne è forse il portavoce unico? Infine, quello che Calenda occulta. Già, perché forse a ragione preconizza l'alleanza tra Pd e Cinque stelle dopo il voto (perdente) del 25 settembre, ma intanto con Enrico Letta ci si alleano già proprio lui e Matteo Renzi.

L'INTESA
C'è un esperimento di provincia, nel nome fasullo di un'alleanza per un'autonomia più politicante che reale, che si svolge nel Trentino. E che smentisce le divisioni tra Pd e terzo polo Calenda Renzi, che per dirla alla Calenda dopo 5 minuti si sono rimangiati la corsa in solitaria alle politiche. Nei locali collegi uninominali, svela Michaela Biancofiore, si vorrebbe candidare la renziana Donatella Conzatti, che non ha alcuna possibilità senza il campo largo delle sinistre. Dovrebbe essere spacciata, di regola, perché i presunti terzopolisti non vinceranno in alcun collegio. Ma lì starebbe arrivando in soccorso Enrico Letta, nonostante gli schiaffoni di Renzi che ordina l'appoggio ai suoi in cambio dei voti di Azione e Italia Viva negli altri uninominali del senato trentino. E magari salta pure la candidatura dei Cinque stelle: pure ad essi si offrirebbero voti in un altro collegio del territorio.

Tutto questo su proposta di Renzi che si rimangia per opportunismo locale, le opinioni sul suo ex partito Pd. Dice proprio la Biancofiore: «Tutti gli attacchi che quotidianamente Renzi e Letta si rivolgono reciprocamente, non senza colpi bassi sotto la cintola, si fermano a Rovereto», sede del fattaccio. In quante altre parti d'Italia Calenda e Renzi sono il cavallo di Troia delle sinistre? Insomma, Calenda non può impartire lezioni di coerenza a nessuno. Anche perché lo stesso scherzetto giocato proprio a Letta con la rottura dell'alleanza in campo nazionale ne ha minato seriamente la credibilità. Ma lui insiste e pensa di poter demonizzare il resto del mondo, come se fosse chissà chi. In realtà, dicono i sondaggisti più accreditati, Calenda ha vissuto il suo momento di gloria alle comunali di Roma, ma ora tornerà nei ranghi con percentuali ridotte. Il Paese voterà di qua odi là.

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