Elezioni, ecco la "Fattoria degli Animali" del centrosinistra
Venuti meno i Draghi, restarono gli animali nella Fattoria degli Animali del centrosinistra. Provò a entrarci ma non si adattò mai Camaleonte Calenda e ne restò fuori Faina Renzi. A guidare il mini-zoo - più che una fattoria, un'arca di Noè, in attesa del diluvio - fu Letta dagli Occhi di Tigre che fece entrare nel recinto il Gatto e la Volpe Bonelli e Fratoianni; quelli assicurarono all'Uomo Tigre che i loro cinque disgraziati voti sarebbero diventati «centinaia, anzi milioni» e lo invitarono a piantare il tesoretto nel campo (largo) dei miracoli.
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Dal quale si era già allontanato il Grillo parlante e al quale stava per dare l'addio anche la Cirinnà col suo fido e ricco cane, non avendo una cuccia certa in Parlamento. Si era aggregata intanto anche l'Ape Di Maio col suo tenue ronzio. Ma molti, nel Parco Draghi (Pd) - gli era stata intestata la fattoria, in sua memoria - obiettavano che quel posto sembrava un covo di vipere.
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Portato dai pipistrelli, mentre impartiva consigli alle scimmie contro il vaiolo, giunse in fattoria il topo da laboratorio Crisanti che tuonò contro il cavallo (pazzo, di razza, o di Siena visto che andò al Palio?) Salvini, accusandolo di essere una «volpe» che si porta a pranzo «le galline» (cioè gli italiani ingenui) per poi mangiarsele. Non si trovò posto per Bersani che continuava invano a smacchiar giaguari. Pare che, fuori dal recinto, gongolasse il Caimano Silvio, mentre la Meloni si preparava a far la parte della Leonessa.