Comparto Difesa: un paese che dispone di personale altamente formato e addestrato e mezzi all'avanguardia è un paese più sicuro. L'analisi Andrea Pasini
Negli ultimi anni, la Difesa italiana sta vivendo alcuni importanti cambiamenti. Nonostante il dibattito verta principalmente sul tema dell’integrazione europea del nostro apparato bellico, appare ormai evidente come sia diventato indispensabile riconoscere la rilevanza strategica dell’industria della difesa per il nostro Paese e il rifinanziamento del Fondo relativo all’attuazione dei programmi di investimento pluriennali per le esigenze di Difesa nazionale.
Mi auguro che il prossimo governo decida di rivolgere una particolare attenzione a questo tema, partendo da un aumento della spesa militare italiana. Nel 2021, sono stati complessivamente raggiunti i 22,3 miliardi di euro, pari al 1,3% del Pil. Un dato sì in crescita rispetto al governo Conte (20,0004 miliardi), ma che andrebbe ulteriormente aumentato. Basandoci sui dati forniti dal Military Balance 2021, vediamo come la spesa degli altri Paesi europei sia nettamente superiore alla nostra. Qualche esempio: nel 2022 la Francia ha ha speso 48,1 miliardi di euro per le proprie forze armate, il Regno Unito 53,6 miliardi di euro e la Germania 46,8 miliardi di euro.
I dati mostrano chiaramente come le forze armate italiane (165.000 uomini in servizio attivo, contro i 203.250 della Francia, i 148.500 della Gran Bretagna e i 183.500 della Germania) siano radicalmente sottofinanziate rispetto alle compagne europee. Eppure, nonostante questo le Forze Armate italiane sono massicciamente impiegate all’estero in 44 operazione in quattro continenti per un totale di 9.449 uomini.
È infatti importante prendere in considerazione la proiezione esterna del nostro strumento militare. La presenza di truppe italiane in numerose operazioni estere segnala una sempre maggiore attenzione del nostro Paese verso l’area del Mediterraneo Allargato. Solo per nominare alcune delle più importanti missioni in cui l’Italia è attualmente impegnata, troviamo la Task Force Takuba in Mali, l’European Union Trading Mission, la missione Minusma (sempre sullo stesso territorio), l’operazione Emasoh nello stretto di Hormuz, la missione Miin nel Niger e la missione Miasit in Libia.
In campo industriale, le aziende italiane continuano a registrare importanti successi, come le vendite delle Fregate Europee Multi Missione all’Egitto e in Indonesia, ma anche agli Stati Uniti. Sempre negli Usa, un’altra azienda italiana, la Iveco Defence Vehicle, in cooperazione con l’inglese BAE Systems, ha registrato un altro grande successo, vincendo la gara bandita dal corpo dei Marines per la fornitura di centinaia nuovi veicoli da combattimento anfibio. Insomma, nonostante la crisi, l’export militare italiano continua a mantenersi saldo attorno ai quattro miliardi di introiti. A farla da padrone, tra i clienti dell’industria italiana, sono stati l’Egitto (990 milioni), grazie alla commessa FREMM, gli Stati Uniti (456,4 milioni), il Regno Unito (352 milioni) e il Qatar (212 milioni).
In questa ottica, le nostre Forze Armate sono state finalmente equipaggiate con nuovi sistemi, dai droni Reaper dell’Aeronautica Militare equipaggiati con strumenti di guerra elettronica e, finalmente, armati, all’acquisto di 90 caccia F-35 fino alla dotazione delle unità navali della Marina Militare Italia di missili da crociera land-attack, conferendo così alla Forza Armata una capacità fondamentale per i moderni scenari bellici, caratterizzati dalla presenza di “bolle” A2/AD (Anti-Access/Area Denial).
Nonostante questi cambiamenti, sembra che i fondi stanziati per le Forze Armate possano essere sicuramente impegnati meglio. La grande maggioranza delle spese ad esse riservate sono infatti indirizzate al personale, a scapito di quelle indirizzate all’addestramento, al procuramento e alla manutenzione dei mezzi e dei sistemi d’arma del nostro strumento militare. Se si prendono in esame i fondi stanziati per la Funzione Difesa nel 2021, si nota come la gran parte di essi sono riservate al Personale: l’Esercito riceve 5.532 miliardi e ne dedica ben 5 al personale; la Marina ne riceve 2.152 e ne dedica 1.1881 al personale; l’Aeronautica ne riceve 2.876 e ne dedica 2.526 al personale. A titolo comparativo, la Francia, la quale ha speso 46,8 miliardi di euro per le proprie forze armate nel 2020 e possiede circa 40.000 uomini in più rispetto all’Italia, ha dedicato solo 12,3 miliardi di euro al personale.
Ma le Forze Armate italiane devono fare i conti anche con un altro problema, ovvero lo squilibrio dei ruoli del personale. Il nostro nostro strumento militare presenta un eccessivo numero di ufficiali e soprattutto di marescialli, rispetto a quello dei militari di truppa e dei volontari. Problema dato anche dall’età troppo avanzata dei membri attivi nell’Esercito Italia che, a oggi, registra un’età media pari a 38 anni. Un dato destinato solo a crescere nei prossimi anni. Il deficit di finanziamento a favore dell’esercizio e degli investimenti determina, tra le varie cose, una drastica riduzione del livello addestrativo del personale, così come della disponibilità dei mezzi e dei sistemi d’arma a disposizione dei nostri militari, ma anche la presenza, all’interno delle forze armate di alcuni grossi gap capacitivi.
L’Esercito italiano, ad esempio, deve fare i conti con lo squilibrio dei fondi a favore del personale e un forte gap capacitivo nel settore dei mezzi corazzati, ormai vecchi e obsoleti. Se invece i mezzi a disposizione della Marina Militare sono agili e moderni, i suoi problemi sono principalmente legati alla carenza di personale (28.300 unità sulle 35.000 necessarie) e alla scarsità di fondi rispetto alle altre Forze Armate, che impedisce di garantire il mantenimento in efficienza dei mezzi di cui dispone.
Stesso problema che presenta l’Aeronautica Militare. Anch’essa deve fare i conti con un budget troppo ristretto, il che le impedisce di addestrare in maniera adeguata i suoi piloti e di garantire il mantenimento dei suoi mezzi. Per risolvere i problemi che inficiano sull’efficienza e sull’efficacia delle nostre Forze Armate, occorre che l’Italia si dedichi alle questioni militari in maniera più seria, dando vita a un dibattito intenso, che coinvolga studiosi ed esperti di estrema qualità. La guerra in Ucraina ci ha dimostrato che il comparto della Difesa è un settore strategico per ogni paese e anche e sopratutto per il nostro. Bisogna investire sul comparto Difesa in modo serio e con un progetto a medio e lungo termine. È indispensabile assumere forze giovani e formale adeguatamente. È fondamentale investire in armamenti all’avanguardia e sofisticati. Dobbiamo essere in grado il più velocemente possibile di poter contare su di un comparto Difesa efficiente, all’avanguardia e che sia sempre pronto a poter affrontare qualsiasi tipo di criticità e di sfida. Un paese che dispone di un personale della Difesa altamente formato e addestrato e che ha mezzi sofisticati e all’avanguardia per difendersi adeguatamente è un Paese più forte.