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Enrico Letta, lo sfogo di Bonaccini: "Perché così non si vince"

Giovanni Torelli
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Ci sono almeno due fronti sui quali il governatore dell'Emilia Romagna Stefano Bonaccini sta combattendo la sua battaglia anti-Letta. La prima è l'orientamento preso dal Pd che ormai ha sposato la sinistra, dell'apertura al mondo liberal-riformista. E facendo così tramontare quel sogno del "campo largo" che prima era lo stesso segretario del Pd a proclamare. E che Bonaccini reputa tuttora urgente. In un post Facebook Bonaccini non le manda a dire: «Leggo che qualcuno ritiene che la funzione del Pd dovrebbe essere quella di rappresentare la sola sinistra», scrive. «Fosse stato per tali scienziati non avremmo vinto le regionali. Invece che teorizzare strategie e soluzioni da un piedistallo, consiglierei di frequentare i territori, parlare con le persone, sapere cos' è una partita Iva. Si chiama "mondo reale" da conoscere e affrontare, non "mondo virtuale" da commentare, magari seduti in salotto».

 

 

Sbam, parole pesantissime rivolte a Letta (di cui, dopo il prossimo congresso dem, potrebbe diventare il successore) e anche ai tifosi dell'alleanza con l'estrema sinistra come il sindaco di Bologna Matteo Lepore, che ha indicato la via di un Pd "laburista", che si occupi delle fasce deboli e smetta di inseguire le èlite e di snaturarsi, andando al centro. A fronte di queste ricette, Bonaccini porta i numeri, a partire dai suoi, vincenti. «Se alle elezioni regionali del 2020 in Emilia Romagna abbiamo vinto quando tutti ci davano sconfitti, e successivamente (nelle tre tornate amministrative) siamo l'unica regione in cui Pd e centrosinistra hanno prevalso in 5 capoluoghi su 5, è perché ci siamo presentati con un centrosinistra rinnovato, plurale e civico. Sapendo parlare largo, conquistando voti anche da elettori di altri schieramenti».

 

 


L'errore più grosso, secondo Bonaccini, è rimpiangere o ripetere modelli del passato come il Pds post-comunista. «Io mi sento orgogliosamente un uomo di sinistra, ma non ho nostalgia del Pds o dei Ds, e convintamente contribuii a fondare il Pd come casa dei democratici, dei progressisti e dei riformisti, per unire culture e sensibilità differenti, con l'ambizione di conquistare anche nuovi elettori o recuperare chi ci aveva abbandonato. Un Pd e un centrosinistra mai contro qualcuno, ma per qualcosa». Al fine di non barricarsi a sinistra e di aprirsi al centro, secondo il governatore dell'Emilia Romagna «non dobbiamo lasciare la rappresentanza del riformismo a chicchessia» e qua l'evidente riferimento è a Calenda e Renzi. L'altra questione spinosa su cui Bonaccini si sta battendo è quella dei cosiddetti "big paracadutati", cioè capataz e leader di partiti alleati col Pd che "rischiano" di essere candidati in collegi sicuri in Emilia Romagna, nei quali però non hanno alcun radicamento. 

 

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