Carlo Calenda, il centrodestra gode: quanti collegi regala
Il centrodestra dovrebbe sfiorare, senza raggiungerla, la quota dei due terzi dei parlamentari, quella che consentirebbe di cambiare la Costituzione evitando che il nuovo testo sia sottoposto a referendum confermativo. E questa è l'unica, piccola consolazione che Enrico Letta può ricavare dalla simulazione dei risultati elettorali diffusa ieri dall'istituto Cattaneo di Bologna. Il resto, per lui e il Pd, è pianto e stridore di denti. L'analisi diffusa a fine luglio dagli stessi analisti guidati dal professor Salvatore Vassallo stimava la composizione delle due Camere partendo dal presupposto che in quei giorni era più probabile, ossia che Azione di Carlo Calenda e Italia Viva di Matteo Renzi facessero fronte comune con il Pd, contro il centrodestra. Questo avrebbe consentito all'alleanza allestita da Letta di opporre una certa resistenza nei collegi uninominali (147 alla Camera e 74 al Senato), in cui sarà eletto il candidato che avrà ottenuto un voto più degli altri. Un "effetto maggioritario" che premia le coalizioni più forti, non lascia nulla ai secondi e, con ogni probabilità, deciderà il colore del prossimo governo. Già allora, avvertiva l'istituto, Fdi, Lega e Forza Italia erano in grado di ottenere «una confortevole maggioranza assoluta di seggi». La mappa di quei 221 collegi era infatti una distesa di blu, azzurro e celeste ("blindati", "sicuri" e "buoni" per il centrodestra), con poche macchioline rosa e rosse, concentrate nelle Ztl e nell'Appennino tosco-emiliano.
SEMPRE PIÙ BLU
In quest'ultimo studio, dove si ipotizza invece che Azione e Iv corrano insieme contro i due poli e il M5S, «i collegi "sicuri" per il centrosinistra rimangono sempre (più) confinati in una parte della ex zona rossa (Emilia-Romagna, Toscana) e nelle grandi città (Milano, Torino, Genova, Roma, Napoli)». Tutto a vantaggio del blu, che conquista nuovi spazi: è il bottino elettorale del centrodestra che si fa più ricco, sin quasi a raggiungere i due terzi delle Camere, che consentirebbero di trasformare l'Italia in una repubblica presidenziale (modello statunitense) o semipresidenziale (modello francese) con effetto immediato, senza correre il rischio di vedere la riforma bocciata dagli italiani. In coerenza con gli ultimi sondaggi, la nuova simulazione attribuisce il 46% delle intenzioni di voto al centrodestra, il 30% al centrosinistra, il 6% alla lista di Azione e Italia Viva e poco meno dell'11% ai Cinque Stelle. Proiettate e "pesate" queste stime nei collegi, il risultato finale assegna alla coalizione tra Fdi, Lega e Forza Italia il 61% degli eletti alla Camera e il 64% di quelli al Senato. L'"effetto Calenda", la differenza tra "prima", quando lui e Renzi erano dati per accasati col Pd, e "dopo", equivale a 30 parlamentari per il centrodestra: 19 vittorie in più nei collegi uninominali della Camera, 9 in quelli del Senato e altri 2 seggi conquistati a palazzo Madama grazie alla quota proporzionale, perché in alcune delle regioni più piccole i voti ad Azione e Iv andrebbero sprecati.
LE ULTIME ROCCHEFORTI
Vittoria schiacciante, insomma, ma non quanto basta per avere i due terzi degli eletti: ipotesi ritenuta «molto improbabile». Il centrodestra, spiegano infatti all'istituto Cattaneo, «dovrebbe conquistare altri 6 collegi uninominali del Senato e, soprattutto, 20 collegi in più alla Camera». In pratica, il centrosinistra «dovrebbe perdere non solo nei collegi di Prato, Grosseto o nel primo municipio di Genova, ma anche in tutti e tre i collegi del centro di Milano, a Napoli-Fuorigrotta e Napoli-San Carlo, nel I e III Municipio di Roma, a Imola, Ravenna, Carpi, Reggio Emilia, Modena, conservando solo 3 collegi (verosimilmente: Firenze, Bologna, Scandicci)». Troppo, persino per l'esangue coalizione schierata da Letta. Che rischia comunque di trascorrere cinque anni in un parlamento da incubo.