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Draghi, l'ultimo decreto con cui ha fregato gli italiani: una scomoda verità

Sandro Iacometti
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Un autunno da incubo, con i partiti in campagna elettorale all'assalto della finanziaria e la cassa completamente vuota mentre i primi freddi potrebbero far esplodere la crisi energetica. È questo lo scenario che avrebbe spinto Mario Draghi a togliere le tende anzitempo.

Ora, che il premier avesse tutte le sue buone ragioni per evitare di trovarsi in mezzo alla bufera del dopo vacanze è un pensiero che nelle scorse settimane è venuto a molti. D'altra parte, perché rischiare di macchiare un mandato finora costellato da successi?

Il ragionamento, tuttavia, è finora rimasto confinato nel campo delle ipotesi, supportato più dalla logica che dai fatti. Poi però ieri Dagospia ha rivelato un colloquio che si sarebbe tenuto dopo l'ultimo Consiglio dei ministri in cui l'ex Bce avrebbe detto a Bruno Tabacci di aver staccato la spina proprio per evitare le forche caudine della legge di bilancio.

Un impegno a cui a quel punto non avrebbe più potuto sottrarsi senza lasciare il Paese alla deriva, con la prospettiva dell'esercizio provvisorio.

La chiacchierata è stata prontamente e seccamente smentita dai diretti interessati. Ma a confermare la tesi di un autunno infernale ci sono anche altri fattori. La situazione dei conti pubblici, ad esempio, è sotto gli occhi di tutti. Con l'ultimo decreto aiuti prima del voto, peraltro portato dai 13 miliardi iniziali fino a quota 17 miliardi, è stato raschiato il fondo del barile. Ovvero sono state utilizzate tutte le risorse di bilancio (ovviamente senza scostamento né ritocchi degli obiettivi di deficit/pil) messe a disposizione da un andamento dei conti pubblici migliore delle attese.

TESORETTO
Per la verità Carlo Cottarelli sostiene che l'inflazione potrebbe produrre un ulteriore tesoretto in termini di minore costo del debito. Ma si tratta di partite contabili non immediatamente monetizzabili come quelle certificate dall'assestamento di bilancio approvato qualche giorno fa da cui sono spuntati i 17 miliardi del provvedimento (portando l'esborso complessivo dei sostegni nel 2022 ad oltre 50 miliardi).

Insomma, qualsiasi mossa futura dovrà essere finanziata intervenendo sui saldi concordati con la Ue, che è da mesi con i fucili puntati e non esiterà a riaprire il fuoco non appena gliene daremo il pretesto. A complicare il tutto, lasciando presagire una ripresa autunnale peggiore del previsto ci sono pure un paio di buchi lasciati da Draghi senza copertura. Non bruscolini, ma circa 15 miliardi che rischiano di essere scaricati sul groppone del nuovo governo.

I primi 10 sono quelli di cui si è parlato molto in questi giorni relativi alla tassazione straordinaria sugli extraprofitti delle società energetiche. Un mancato incasso che ha fatto infuriare Draghi, sebbene lo stesso premier sapeva bene che, cedendo frettolosamente alle insistenze dell'ala sinistra della maggioranza, si sarebbe avventurato su un terreno assai scivoloso. Il premier dimissionario ha promesso che userà il pugno di ferro (controlli fiscali e recuperi coatti delle somme) con le aziende che non si piegheranno, ma sul balzello pesano dubbi di costituzionalità più che concreti che potrebbero comunque mettere a rischio il gettito previsto.

BOLLETTE
Dell'altro buco, anche più pericoloso, se n'è invece parlato pochissimo. Si tratta dei 4 miliardi "prestati" al Gse per riempire gli stoccaggi di gas in vista dell'inverno. La notizia è passata un po' sottotraccia, ma dietro quella percentuale del 74% (al di sopra della media Ue del 71) di riempimento dei depositi ci sono acquisti di ultima istanza effettuati dall'ente pubblico, che si è messo a caccia di metano pagando prezzi anche superiori a quelli già altissimi dettati dal mercato. Una strada per certi versi obbligata, considerata la fuga degli operatori tradizionali, ma assai costosa.

Il Tesoro ha già versato la prima tranche di 800 milioni e si appresta a sborsare il resto dei quattrini nei prossimi mesi. Quello che non è stato detto con chiarezza è che i soldi non hanno alcuna copertura. Il Gse li dovrà restituire. La prima ipotesi è che, così come fanno le aziende energetiche, l'ente riesca a vendere il gas stoccato ad un prezzo uguale o più alto di quello di acquisto. La seconda, assai probabile, è che l'operazione non riesca e il Gse non abbia le risorse. A quel punto o interviene il Tesoro, con soldi che attualmente non ci sono, oppure, udite udite, verranno caricati sulle nostre bollette. Trovarsi al governo quando ciò accadrà non è proprio il massimo.

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