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Pd, quali poltrone si prende in zona Cesarini: soldi, compagni-vergogna

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Se non puoi vincere - è il dispositivo dichiarato del "campo progressista" di Letta & co - cerca almeno di sabotare la vittoria degli altri. Non solo mettendo a sistema un'ammucchiata senza capo né coda che va dall'estrema sinistra a Calenda ma anche occupando fino all'ultimo tutte le leve a disposizione della macchina dello Stato. Obiettivo? Sottrarre quante più nomine possibile al prossimo governo (più che probabile di centrodestra) ma anche lasciare i propri uomini «in eredità» in posizioni fondamentali per le procedure legate al Pnrr.

A denunciare la vicenda è stato Giovanbattista Fazzolari, senatore di FdI e responsabile del programma del partito di Giorgia Meloni, secondo cui dal giorno in cui sono implose le larghe intese è in atto una «sistematica occupazione di posizioni di centrale importanza nell'Amministrazione Pubblica, in aperta violazione delle regole che lo stesso governo si è dato».

 

I QUATTRO INTERPELLI
Il riferimento di Fazzolari è la circolare del 21 luglio 2022 in tema di disbrigo di affari correnti, nella quale il premier dimissionario ha delineato il perimetro «delle limitate attività» che potrà eseguire nell'interregno prima del giuramento del prossimo esecutivo. Tra gli atti che non si possono effettuare a Parlamento sciolto rientrano le nomine e le designazioni.

Che cosa sta accadendo invece? «Solo nelle ultime ore», continua il senatore, risultano avviate da Palazzo Chigi «ben quattro procedure per il conferimento di altrettanti incarichi di Direttore Generale in posizioni-chiave: tre da parte del ministro Brunetta presso il Dipartimento della Funzione Pubblica, uno da parte del sottosegretario Amendola in quello delle Politiche Europee».

Queste chiamate si chiamano "interpelli" e in base a ciò vengono selezionati dei dirigenti di ruolo per ricoprire l'incarico della durata di diversi anni. Non è il massimo selezionare i dirigenti «a Camere sciolte, da parte di un governo che dovrebbe svolgere solo l'attività ordinaria come da indicazione dello stesso Draghi», ma c'è di più. «Come sappiamo - ricostruisce Fazzolari con Libero - gli apparati della macchina dello Stato sono sotto organico come dirigenti di ruolo. Ciò comporta che spesso non si riesca a individuare un dirigente interno tramite l'interpello e si colmi quindi accedendo all'esterno: nulla di anomalo se fatto in tempi ordinari, del tutto inopportuno se fatto pochi giorni prima di quando dovrà insediarsi un nuovo governo». È certamente sospetta, poi, la circostanza «che le quattro posizioni "direttoriali" fossero vacanti da lungo tempo (due di queste da 15 e 7 mesi e gestite ad interim, ndr) e ora, a scioglimento delle Camere avvenuto, se ne renda improvvisamente necessaria l'immediata copertura». Una situazione delicatissima, rispetto alla quale FdI richiede l'intervento di Draghi a garanzia del rispetto delle regole: «Va sgombrato anche il solo dubbio che la violazione sia finalizzata alla peggiore delle scorrettezze istituzionali: lasciare "in eredità" per un triennio, da parte di un ministro e un sottosegretario uscenti, dirigenti apicali di propria stretta fiducia alla nuova compagine governativa».

 

A proposito della "scorrettezza" di questi interpelli sono arrivate anche le interrogazioni parlamentari: ad ammonire il governo sulle nomine dei direttori di prima fascia sono stati il deputato di FdI Paolo Trancassini e il vicepresidente della Camera Fabio Rampelli («Brunetta eviti di trasformare queste settimane in una corsa all'accaparramento dei posti di sottogoverno, un nominificio»).

IL PARAVENTO DEL PNRR
Infine, ad accendere i riflettori sul tema delle nomine da Bruxelles è arrivato Raffaele Fitto. «Dietro il paravento del Pnrr - ci racconta - nei vari ministeri sono state fatte negli ultimi mesi 210 nomine, 160 esperti, E più di 50 dirigenti di unità di missione e oltre 2mila esperti assunti a livello locale da Agenzia coesione e Funzione pubblica. I risultati quali sono?». Per il copresidente dell'Eurogruppo Ecr-FdI si tratta di incarichi attivati senza strategia e sintesi sui progetti.

Il rischio di questa prassi lo ha confermato il governo stesso nell'audizione del ministro Franco alle commissioni Bilancio: «Al 31 dicembre del 2021 il governo avrebbe dovuto spendere 15 miliardi di euro per il Pnrr, inclusi progetti precedenti inseriti nel piano, ma ne ha spesi in realtà solo 5». Che significa ciò? Che va evitato - dati alla mano - che dietro la "narrazione" del piano europeo si consumino «scelte che molto poco hanno a che fare con l'accelerazione della spesa dei fondi e con l'indicazione dei profili giusti ma molto sembrano avere a che fare con gli amici degli amici». 

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