Roberto Speranza, ecco chi mira alla sua poltrona
Il governatore campano De Luca ha ordinato ai propri sventurati corregionali di «non fare sesso scapigliato» per non prendersi il vaiolo delle scimmie. Ha una sanità che fa pena e anziché occuparsene si dà al cabaret. Aveva già sperimentato la formula durante il Covid, chiudendo in casa i propri sudditi e intrattenendoli il venerdì con le sue conferenze stampa da avanspettacolo. Che San Gennaro la mandi buona ai campani; il genovese Grillo e l'ucraino Zelensky dimostrano dove porta affidarsi a un comico come leader.
Peggio di lui, la comunità omo. L'Istituto di Infettivologia Spallanzani, autorità internazionale in materia, ha il vaccino contro il suddetto vaiolo e, siccome per il 99% il male colpisce i gay, ha dato loro la priorità nell'immunizzazione, come categoria fragile. Al posto di ringraziare, i vertici del mondo lgbt gridano alla discriminazione. Forse si aspettano che per solidarietà si vaccinino anche gli etero, pur correndo rischi minimi. Peccato che iniettarsi un siero non sia come sfilare al gay pride; va fatto se serve, non per simpatia.
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Siamo gente strana, noi italiani, buttiamo in ideologia anche i virus e ci dividiamo in fazioni ancor prima di studiarli. Poi difendiamo la posizione presa anche contro ogni evidenza successiva, avendo fatto del Covid una questione politica prima che sanitaria.
Non ci credete? Sentite questa. Il ministro della Salute Speranza ha le settimane contate. Perfino il centrosinistra, se vincesse le elezioni, non lo confermerebbe. L'interessato lo sa e ha impegnato le ultime settimane a prodigarsi in nomine di fine stagione, per infarcire il dicastero di fedeli di dubbia competenza che rispondano a lui anche quando se ne sarà andato e mettano i bastoni tra le ruote al successore.La cosa che non può decidere Speranza però è chi occuperà la sua poltrona, perché probabilmente lo stabiliranno Meloni e Salvini. I due, è arcinoto, disistimano completamente, e a ragion veduta, l'ex leader di Articolo 1, che per tornare in Parlamento dovrà rassegnarsi a fare il numero centocinquanta di Letta. Il gioco, tra i tanti che aspirano al dicastero della Salute, è quindi quello di attaccare Speranza, nella certezza di far carriera sulle sue spoglie.
Capita così che il bravissimo, e altrettanto ambizioso, professor Matteo Bassetti da Genova, uno che ha titoli, pubblicazioni e presenze ai convegni inferiori solo alle comparsate tv, abbia appena chiesto l'istituzione di una commissione parlamentare di inchiesta per chiarire come mai in Italia, anche nel 2022, si sia morti di Covid più che negli altri Paesi europei, malgrado restrizioni più rigide. È un palese attacco a Speranza, che Bassetti conferma mettendo subito la zampa nella marmellata, affermando di «sentirsi onorato» se l'Italia gli chiederà il sacrificio di collocare il suo sapere sulla poltrona del ministero della Salute.
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Non è la sola autocandidatura. Pare che la Meloni abbia già un secondo telefono, noto solo alla cerchia ristretta, per filtrare postulanti e scocciatori che da due settimane non le danno tregua.
Quanto al Covid, a detta degli esperti, la ragione perla quale abbiamo più morti degli altri è il segreto di Pulcinella (e qui torniamo a De Luca). Per poter fare quello che voleva senza rendere conto alla ragione e alla nazione, la tattica di Speranza e del Comitato Scientifico è sempre stata quella di terrorizzare la popolazione, pompando artificialmente il numero dei morti, considerando deceduto a causa del virus anche i positivi che finivano sotto il tram. Poi ci si è messa l'incompetenza, a partire dalla terapia nazionale a base di Tachipirina e vigile attesa, ripetuta fino a poche settimane fa, come se esistesse al mondo una malattia da cui si guarisce aspettando sul divano. Infine, e qui Bassetti ha più di una ragione, c'è stata l'ostinata guerra del ministero ai medici di ospedale che combattevano il male in corsia. Pochi si ricordano che la strage di Bergamo si interruppe quando uno sparuto gruppo di medici, questi sì davvero eroi, iniziò, a proprio rischio e pericolo, a fare le autopsie che il ministero vietava. Cosi iniziammo a conoscere il male, capimmo che lo curavamo in modo sbagliato, talvolta letale, cambiammo terapie e i decessi iniziarono a diminuire. Questo è l'esempio più eclatante, ma tutta la lotta al Covid ha seguito il canovaccio di medici ospedalieri costretti a combattere su un fronte il virus e sull'altro i tecnici del ministero.
Così Remuzzi in Lombardia non si vide riconoscere il protocollo di cura a domicilio a base di nimesulide ed eparina che applicava dall'autunno 2020. E Vaia nel Lazio fu ostacolato nella sperimentazione delle terapie monoclonali. Di spazio per un'indagine parlamentare sul Covid ce n'è, e forse non solo per quella. Ma per rispetto dei morti, e del Paese, che non diventi un modo per far carriera. Di governi e commissari che hanno vissuto e speculato sul Covid ne abbiamo già avuti. E ci sono bastati.