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Sondaggi, Fabrizio Masia: perché non devono dire Meloni premier

Pietro Senaldi
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Alla vigilia del primo vertice nel quale il centrodestra comincerà a fare sul serio sulle candidature l'istituto demoscopico EMG, diretto da Fabrizio Masia, vede la coalizione in netto vantaggio sulla sinistra. Premesso che, specie nel campo di Letta, non è chiaro ancora quale sarà l'assetto delle forze dell'alleanza, e neppure quali alla fine esse saranno, le rilevazioni sono state fatte testando lo scenario più probabile, che vede da una parte Meloni, Salvini, Berlusconi e Lupi e dall'altra il Pd alleato alla massa indefinita dei centristi, da Mastella a Renzi, da Di Maio a Calenda, con l'incognita Toti. Terzo protagonista, M5S, rispetto al quale il fronte progressista pare aver rotto definitivamente, anche se nelle elezioni locali, dalla Lombardia, al Lazio, alla Sicilia, i giallorossi si presentano e si presenteranno ancora uniti. È ipotizzabile, e ipotizzato, che il progetto di Conte di creare una cosa rossa, comprensiva dei Verdi e della Sinistra italiana, approdi in un unico cartello elettorale, per cui alle urne avremo ancora un quadro sostanzialmente tripolare, che vede il centrodestra intorno al 44%, il centrosinistra al 37,5 e i grillini alla Mélenchon al 14%.

 

 

 

 

GIOCHI APERTI - «Occhio però», ammonisce Masia, «in campagna elettorale partire con sette punti di vantaggio non garantisce il successo finale, i giochi sono ancora tutti aperti». Secondo il sondaggista, il centrodestra fa bene a non indicare in partenza il nome del candidato premier e affidarsi per la sua individuazione all'esito delle urne, «perché è una scelta di coerenza con il passato e perché spinge gli elettori dei partiti della coalizione ad andare al seggio e votare per il proprio favorito». Diverso il discorso per il centrosinistra, al quale converrebbe focalizzarsi su di un nome; non Letta. «L'ideale sarebbe Draghi», spiega il fondatore di EMG, «ma nell'impossibilità di farlo si può sempre indicare una personalità d'area esterna ai partiti e però capace di tenere tutti insieme, per esempio il sindaco di Milano, Beppe Sala». Insomma, sia a destra che a sinistra «ci sono troppi galli nel pollaio», ma mentre da una parte può essere un vantaggio, perché stimola la concorrenza, dall'altra la situazione riflette al momento una sensazione di confusione, per cui «sarebbe bene trovare un nome che faccia da cerniera». Poiché «la situazione è super-magmatica», per dirla con Masia, fondamentale sarà anche la narrativa pre-elettorale. «Non prevedo una partecipazione straordinaria, perché gli italiani sono sfibrati e in questo mese di agosto vorrebbero occu- Il sondaggista parsi di tutto tranne che di politica». In ogni caso, l'allarme fascismo evocato dal centrosinistra contro la Meloni sembra una pistola scarica, buona per «fidelizzare gli elettori di centrosinistra più radicali» mentre issare il nome di Draghi come vessillo della coalizione di centrosinistra in realtà è la prova che «almeno per quanto riguarda le scelte del 50% dell'elettorato, non ha più senso al giorno d'oggi la distinzione tra destra e sinistra», e ancora meno ne ha l'incasellamento del Pd come forza di sinistra, visto che i progressisti ormai «hanno cambiato dna e perfino collocazione territoriale, come dimostra il fatto che fanno il pieno di voti nei centri delle città». Un altro aspetto interessante è che l'operazione del centrosinistra di scaricare sul centrodestra tutte le responsabilità della caduta del governo non sarà decisiva nella partita elettorale «perché», spiega Masia, «nella percezione degli Fabrizio Masia elettori le responsabilità di Forza Italia e Lega sono limitate; molti ritengono che le colpe principali siano dei grillini, altri si sono convinti che Draghi abbia forzato troppo la mano, forse non disdegnando l'uscita di scena». Occhio però a non perdere i pezzi. In questo senso «la Lega ha più possibilità di recupero di Forza Italia, perché gli azzurri stanno perdendo troppi parlamentari storici, e questo non è un bel segnale per gli elettori, mentre Salvini se la gioca in questi due mesi, è fondamentale per lui cosa riuscirà a dire in campagna elettorale e come spiegherà il sostegno al governo passato e quello che intende fare nel prossimo».

 

 

 


 

TEMI SU CUI PUNTARE - Senz' altro, a favore del centrodestra può giocare la crisi economica, invece evocata dalla sinistra come spauracchio per non votare Meloni e Salvini. «Mentre il centrosinistra», secondo il direttore di EMG, «deve cavalcare i temi della stabilità e dell'europeismo, il centrodestra dovrebbe puntare sulla denuncia di tutto quello che non è stato fatto dal governo dell'ex banchiere, sull'inflazione e il caro bollette non contrastati a sufficienza». Certo, conclude Masia, non è escluso che alla fine nessuno abbia i numeri per governare, «per le stranezze di un sistema elettorale misto tra uninominale e proporzionale, che in certe combinazioni consentirebbe di avere più seggi anche a chi ottiene il 4-5 per cento in meno dell'avversario». 

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