Mario Draghi "irritato da Berlusconi". Il retroscena: la frase che ha scatenato il caos
«Non volevamo far cadere Draghi ma si è reso indisponibile a un "bis". Probabilmente era stanco e ha colto la palla al balzo per andarsene. In ogni caso ha scelto lui e adesso siamo già al lavoro per un nuovo governo di centrodestra». Sono questi i "titoli" dell'intervista concessa al direttore di Repubblica Maurizio Molinari nella quale Silvio Berlusconi seppellisce una stagione - quella del governo di unità nazionale, sulla cui caduta Forza Italia «non ha alcuna responsabilità» - e ne apre immediatamente un'altra: quella del prossimo esecutivo che sorgerà ancora una volta, se la coalizione "ritrovata" vincerà la sfida del 25 settembre, dallo schema che inventò lui so nel lontano 1994. Il giorno delle dimissioni ufficiali di Mario Draghi coincide con lo scioglimento delle Camere da parte di Sergio Mattarella e con l'avvio "ufficiale" della campagna elettorale. Prima di avviare questo percorso, però, per il leader di Forza Italia è necessario chiarire come sono andate le cose mercoledì in Senato. Innanzitutto - riferendosi agli strali delle "vedove politiche" di Draghi - non vi è stato alcun "draghicidio". Per lo meno da parte di Forza Italia. «Noi volevamo che il governo andasse avanti ma ciò non poteva accadere con i 5 stelle che avevano rotto il patto di fiducia alla base della maggioranza di unità nazionale».
La risoluzione degli azzurri e della Lega, come si sa, prevedeva appunto una via d'uscita: un Draghi bis senza i grillini. Testo presentato in anteprima sia al premier che a Mattarella. «Ma Draghi ha deciso di mette re la fiducia sulla mozione Casini, che non conteneva queste indicazioni - ha spiegato il Cavaliere -. Ecco perché, a quel punto, il gruppo di Forza Italia non ha potuto fare altro che uscire dall'Aula».
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L'ACCUSA - Insomma: nessun gesto "populista" alla base della scelta di non vota re la fiducia alle comunicazioni del premier. Tutt' altro. «Noi siamo una forza responsabile, non abbiamo nul la da spartire con i 5 stelle. Abbiamo fatto parte di una maggioranza di unità nazionale, di un governo che io ho voluto che nascesse». A questo punto dell'intervista arriva la considerazione più caustica di Berlusconi, riferita proprio al premier dimissionario: è stato lui a volersene andare. «La mia impressione è che si fosse stancato, che non avesse più voglia di andare avanti», ha insistito il fondatore di FI togliendosi poi - chissà - anche un macigno dalle scarpe. «Sa, il lavoro di Presidente del Consiglio ha orari più lunghi di quelli di governatore di una banca centrale...in ogni caso, ha scelto lui». Una stoccata che è da leggere sotto una lente fondamentale per de crittare il carattere del Cavaliere: quel lo dei rapporti umani. È letteratura, infatti, la sua insoddisfazione per il trattamento (la «freddezza») ricevuto da Draghi in questi mesi: lui che, al contrario, lo ha sempre stimato tanto da «portarlo ai vertici della Bce».
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Non è un caso che il colpo di scena di giornata giunge proprio su questo passaggio di Berlusconi. In serata trapela infatti la versione del premier dimissionario, riferita a Libero da chi ha appena finito di ascoltare di persona la reazione di Mario Draghi alla lettura delle agenzie. I messaggi che filtrano sono tre. Uno riferito a Berlusconi: altro che stanco, il premier è stato «mandato via». Fosse stato per lui sarebbe andato avanti con il governo fino alla fine. Il secondo post-it è il corollario: ammesso e non concesso che la proposta "Draghi bis senza grillini" potesse essere accettata, chi ha ascoltato il premier spiega che questa è giunta «troppo tardi. Fuori tempo massimo». L'ultimo sfogo è dedicato invece a chi in queste ore - dopo avergli ostacolato la strada al Quirinale - si straccia le vesti tirando per la giacchetta sia Draghi che la sua agenda: mr. Bce con tutti costoro a quanto pare è «molto irritato». Silvio Berlusconi, parlando poi al Tg2, è intervenuto anche sugli altri temi di stretta attualità politica. Riguardo alle fuoriuscite dei due ministri di Forza Italia - Mariastella Gelmini e Renato Brunetta - che hanno scelto di lasciare il partito in polemica con l'adieu alle larghe intese, l'ex premier ha tagliato corto: «Dico "riposino in pace", non sono abituato a commentare le decisioni di chi tradisce senza motivazioni né prospettive». Quanto alla coalizione di centrodestra, nessuna federazione né lista unica con la Lega: «Ciascun partito continuerà con la propria identità: ci sono differenze di posizione, di linguaggio, di storie tra i partiti». Si attaccherà ancora con il modulo a tre punte...