Sondaggio, l'ultimo balzo di Berlusconi: ecco dove vola Forza Italia
C'è un partito guidato da un uomo che va per gli 86 anni ed è figlio politico (nonché padre) di un'altra epoca. Si fa vedere pochissimo in pubblico e nemmeno ha un seggio in parlamento. Un partito i cui ministri paiono rispondere più al premier che al loro leader, della cui successione lì dentro è impossibile parlare, un po' per non essere accusati di sacrilegio e un po' perché davvero nessuno, da quelle parti, ha idea di cosa accadrà quando il fondatore si ritirerà in una delle sue ville. Eppure questo partito, che ovviamente si chiama Forza Italia, si muove e cresce. Il sondaggio dell'Ipsos di Nando Pagnoncelli pubblicato ieri sul Corriere della Sera lo dà al 9,8%, dunque vicinissimo alla doppia cifra, un punto e mezzo sopra alla rilevazione di un mese fa. L'ultima volta che nella media dei sondaggi il partito di Silvio Berlusconi ha provato l'ebbrezza del 10% era l'aprile del 2019, prima del Covid.
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A RIVEDER LE STELLE
Alle elezioni del 2018 aveva preso il 14% e da allora era stata una continua discesa. Sino all'ottobre del 2021, quando è iniziata la lenta risalita. Tanto che ora punta a riveder le stelle, quelle di Beppe Grillo: complice la scissione di Luigi Di Maio, oggi tra il M5S e la ringalluzzita Forza Italia, nella fotografia di Pagnoncelli, ci sono appena 2,3 punti. Un nonnulla, rispetto agli abissi cui eravamo abituati. Stavolta l'onnipresenza mediatica, il cerone e le altre categorie tradizionali del berlusconismo non possono spiegare ciò che accade. Serve altro. Ad Arcore individuano due cause. La prima sono le difficoltà incontrate da Matteo Salvini e Giorgia Meloni a tenere insieme l'alleanza. Quando il federatore della congrega, forte della maggioranza relativa dei voti, era il Cavaliere, le cose funzionavano. A costo di far ingoiare agli azzurri, in nome del suo quieto vivere e del bene comune, la rinuncia ad una candidatura, riusciva quasi sempre ad evitare che la coalizione offrisse al pubblico scene fratricide come quelle appena viste a Verona. Scegliere Berlusconi, oggi, per molti vuol dire quindi scegliere l'unico che pare ancora in grado di tenere insieme il centrodestra. La seconda ragione è che non tutti gli elettori in uscita dalla Lega passano alla Meloni: una quota la incassano pure agli azzurri.
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«I dati», spiegano gli uomini di Berlusconi, «dicono che si è arrestato il flusso da noi verso Fdi e che iniziamo a recuperare ciò che avevamo perduto in favore della Lega, soprattutto tra i ceti produttivi e le categorie che ruotano attorno a Confindustria, Confartigianato e altre organizzazioni d'impresa. Queste, dopo aver flirtato con Salvini, ora si riaffacciano da noi. Anche perché è difficile che vadano a bussare alla porta di Fdi, che è all'opposizione». Certo, è pure una questione d'interesse: qualunque cosa accada alle prossime elezioni politiche, è probabile che tra un anno Forza Italia sia ancora al governo, cosa che non si può dire con altrettanta convinzione di Lega e Fdi. E chi ha un'azienda da mandare avanti certe cose le pesa.
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NIENTE PROPORZIONALE
Così Berlusconi riassapora emozioni che non provava da tempo. «Voglio tornare ad avere un ruolo pubblico attivo», ha detto al suo staff. Si è impegnato pubblicamente a fare un comizio al mese, a partire da settembre, e a tornare in televisione, dove non si fa intervistare da prima dell'epidemia. Rilancerà i suoi cavalli di battaglia, come la riduzione delle tasse, ma calcherà molto anche sulla propria esperienza internazionale, proprio per marcare la differenza tra lui e tutti gli altri. Il suo obiettivo dichiarato è agguantare alle Politiche un bottino di voti «sopra il 20%», ma sa bene che il ritorno ai numeri di una volta è impossibile. «Lavoriamo per un risultato che ci renda indispensabili per il centrodestra. Anche per rassicurare l'opinione internazionale, che chiederà al prossimo governo certe garanzie», dicono in Forza Italia. Il vento che ricomincia a soffiare nella direzione sperata fa trovare il Cavaliere ancora più ostinato e contrario dinanzi alla proposta dei due Letta, Enrico e Gianni, che vorrebbero convincerlo ad approvare una legge elettorale di tipo proporzionale: «Sono trent' anni che faccio battaglie contro la sinistra e ora, secondo loro, dovrei votare una legge per governare col Pd?».