Mario Draghi, "sei furbo o masochista?": zavorra M5s, il sospetto di Senaldi
Mefistofelico o autodistruttivo? Draghi ha incatenato Conte al futuro proprio e dell'esecutivo. No grillini no party, non più governo. È il ricatto del premier al leader dei Cinquestelle, incalzato da metà del suo partito perché tagli i ponti con Palazzo Chigi e si faccia l'annata pre-elettorale all'opposizione, nella speranza di recuperare consensi e anima perduti. Il governo, dopo l'addio a M5S di Di Maio e del suo plotone di responsabili arrivisti, avrebbe i numeri per andare avanti anche senza i reduci grillini di Giuseppi.
"Letta sta cercando di far cadere Draghi". Voci pesantissime dal cuore del governo
In tanti, noi compresi, speravano che l'ex banchiere avrebbe ceduto alla tentazione di liberarsi di questa pletora di lamentosi inetti, che spenderà i prossimi mesi nel cercare di mettergli i bastoni tra le ruote. Ma SuperMario non lo ha fatto, in un mix di sadismo e masochismo ha deciso di tenersi la serpe, pardon l'avvocato, in seno. Evidentemente si è persuaso che l'alleanza forzosa logorerà più l'ex partito anti-casta, costretto a sostenere l'uomo delle istituzioni per eccellenza, piuttosto che lui medesimo. Draghi ha chiuso a Conte le vie di fuga, probabilmente convinto che questo toglierà l'ossigeno vitale al Movimento e lo porterà esangue al pur vicino appuntamento elettorale del 2023.
NON DETTI E STRATEGIE
La strategia politica è fatta di non detti e di parole che affermano bianco per arrivare al nero. E così il premier sentenzia che la presenza di M5S nella maggioranza è essenziale per preparare un futuro nel quale sarà invece irrilevante. Disistima al punto la banda di Conte da ritenere di potersela caricare e rimanerne infastidito meno di quanto non lo sarebbe da una mosca che gli ronza intorno. Ed è questa, più che la doverosa esplicita smentita, la prova più palese che il premier non ha mai chiesto a Grillo di silurare Giuseppi, come invece sostenuto dal politologo di simpatie pentastellate De Masi.
Quella confessione resa dal professore al Fatto, l'organo di stampa contiano per eccellenza, è stato un estremo tentativo di rianimare la carcassa politica dell'ex premier. Una mossa goffa e che ha scatenato la sottile vendetta del premier. Il perdono a volte è la miglior punizione. Va di conseguenza che meno conteranno i grillini nel prossimo Parlamento più possibilità avrà l'inquilino di Palazzo Chigi di non traslocare; ipotesi residuale ma da non scartare, se il centrodestra non riuscirà a trovare una sintesi accettabile e il campo largo di Letta avrà perso la tenda con cinque stelle e una pochette.