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Mario Draghi, "sei furbo o masochista?": zavorra M5s, il sospetto di Senaldi

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 Conte e Draghi

Pietro Senaldi
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Mefistofelico o autodistruttivo? Draghi ha incatenato Conte al futuro proprio e dell'esecutivo. No grillini no party, non più governo. È il ricatto del premier al leader dei Cinquestelle, incalzato da metà del suo partito perché tagli i ponti con Palazzo Chigi e si faccia l'annata pre-elettorale all'opposizione, nella speranza di recuperare consensi e anima perduti. Il governo, dopo l'addio a M5S di Di Maio e del suo plotone di responsabili arrivisti, avrebbe i numeri per andare avanti anche senza i reduci grillini di Giuseppi.

 

 

In tanti, noi compresi, speravano che l'ex banchiere avrebbe ceduto alla tentazione di liberarsi di questa pletora di lamentosi inetti, che spenderà i prossimi mesi nel cercare di mettergli i bastoni tra le ruote. Ma SuperMario non lo ha fatto, in un mix di sadismo e masochismo ha deciso di tenersi la serpe, pardon l'avvocato, in seno. Evidentemente si è persuaso che l'alleanza forzosa logorerà più l'ex partito anti-casta, costretto a sostenere l'uomo delle istituzioni per eccellenza, piuttosto che lui medesimo. Draghi ha chiuso a Conte le vie di fuga, probabilmente convinto che questo toglierà l'ossigeno vitale al Movimento e lo porterà esangue al pur vicino appuntamento elettorale del 2023.

NON DETTI E STRATEGIE
La strategia politica è fatta di non detti e di parole che affermano bianco per arrivare al nero. E così il premier sentenzia che la presenza di M5S nella maggioranza è essenziale per preparare un futuro nel quale sarà invece irrilevante. Disistima al punto la banda di Conte da ritenere di potersela caricare e rimanerne infastidito meno di quanto non lo sarebbe da una mosca che gli ronza intorno. Ed è questa, più che la doverosa esplicita smentita, la prova più palese che il premier non ha mai chiesto a Grillo di silurare Giuseppi, come invece sostenuto dal politologo di simpatie pentastellate De Masi.

 

 

Quella confessione resa dal professore al Fatto, l'organo di stampa contiano per eccellenza, è stato un estremo tentativo di rianimare la carcassa politica dell'ex premier. Una mossa goffa e che ha scatenato la sottile vendetta del premier. Il perdono a volte è la miglior punizione. Va di conseguenza che meno conteranno i grillini nel prossimo Parlamento più possibilità avrà l'inquilino di Palazzo Chigi di non traslocare; ipotesi residuale ma da non scartare, se il centrodestra non riuscirà a trovare una sintesi accettabile e il campo largo di Letta avrà perso la tenda con cinque stelle e una pochette.

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