Enrico Letta smascherato: ecco cosa sta facendo davvero (e nessuno dice niente)
Gli italiani soffrono, e non solo il caldo. Le bollette aumentano, l'inflazione vola sempre più minacciosa, la guerra è alle porte di casa. L'autunno si preannuncia torrido, e non per il clima. Cosa fa allora il leader di una forza politica che si dice erede dei due partiti di massa della prima Repubblica, di cui si può dire tutto il male possibile ma non che non fossero sintonizzati sui problemi reali degli italiani? Dà ordine ai suoi in Parlamento di iniziare daccapo (dopo tante sconfitte) la battaglia sui diritti, in favore di presunte minoranze che probabilmente non si sentono affatto "discriminate" come la sinistra le vorrebbe. È il caso degli immigrati già pienamente integrati nella vita del Paese, ma non ancora cittadini semplicemente perché la procedura è lunga e severa come è giusto che sia in un Paese che tiene alla propria identità e dignità.
Il terribile sospetto della Meloni su Salvini e Berlusconi: gira una strana voce...
Questa volta infatti si parte dallo Ius Scholae, ultima versione di quello Ius Soli che in pratica voleva far cittadino chiunque fosse nato entro i nostri confini, a prescindere. Una versione ammorbidita, certo, ma da considerare, nell'ottica progressista, un po' come la "morale provvisoria" di cartesiana memoria: una tappa lungo la inesorabile via del progresso e della civiltà che per i nostri dovrà consistere un giorno nell'abolizione dei confini e nella scomparsa di ogni identità.
In ogni caso, da qui alla fine della legislatura, ci sarà ampio spazio per tutti: per Zan, che già scalpita a bordo campo, e per Coscioni, cioè per l'associazione di area che per statuto si intromette nei "fine vita" degli altri. E pensare che solo qualche giorno fa Letta aveva sollecitato i suoi a «dare un segnale a quelli che non ce la fanno per scongiurare il ritorno dei populismi».
"Non possiamo accettarlo". La frase-bomba di Salvini: tutto finito?
È questo il segnale? E populismo non è anche questo, quello di chi cerca di mettere delle bandierine, e segnare vittorie ideologiche, dividendo il campo fra un "noi", cioè i buoni per natura, al passo con la storia, e gli altri, oscurantisti e fascisti? Suona poi abbastanza paradossale incolpare Matteo Salvini, un giorno sì e l'altro pure, di far fibrillare il governo perché sollecita con forza misure adeguate per contrastare le vere emergenze italiane, e contemporaneamente dare il via ad una battaglia parlamentare che segnerà ancor più profondamente le fratture all'interno della maggioranza che sorregge quel governo Draghi di cui Letta dice di essere l'unico difensore. In verità, quella dei diritti non è una "battaglia di civiltà", come recita il mantra messo in circolazione, ma è una vera arma di distrazione di massa, che serve a coprire le divisioni interne al "campo largo": su queste battaglie ideologiche, i grillini vecchi e nuovi te li ritrovi tutti e l'insieme sembra più compatto di quanto effettivamente sia.
Anzi, il rischio è che sia la destra a dividersi, con una parte di Forza Italia che si sgancia da Meloni e Salvini (come è puntualmente avvenuto in commissione sullo ius scholae). All'ombra della lotta parlamentare sui diritti, il Pd potrà poi dedicarsi ai suoi giochi di potere (ci sono una infinità di nomine in scadenza) e prepararsi al voto del 2023 quasi senza muovere dito. Quanto alle sofferenze degli italiani, verrebbe da dire che Letta, come una novella Maria Antonietta, ha deciso a chi chiede pane di offrire le brioche chiamate diritti. Confezionate su misura per il popolo nei salotti radical chic.