Centrodestra, Francesco Storace: vertice a rischio (e la vittoria alle politiche pure)
Sarebbe stato bello alzarsi stamane con la notizia centrodestra già svolto in piena notte e con la fine (vera) di ogni lite. Manco per idea, perché adesso la caciara è su quando farlo, su dove farlo, su cosa farlo. E allora ci vuole una supplica. Indirizzata a Silvio Berlusconi, a Giorgia Meloni e a Matteo Salvini (in ordine alfabetico e non si offende nessuno): finitela, non abusate della pazienza degli elettori. Anche perché stavolta non è andata malissimo come l'ultima volta, ma è rimasto un po' di amaro in bocca. I disastri più recenti sono stati il referendum sulla giustizia e le amministrative 2021 a partire da Milano e Torino, da Roma e Napoli. Però devono sapere, questi leader in conflitto permanente, che la vittoria alle politiche 2023 non se la portano da casa. Devono finire capricci e isterie.
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QUANTI DUBBI - Ma ci vuole un vertice. Un patto. Una promessa al popolo di centrodestra. Primo problema del vertice: dove farlo. Ma dipende da chi lo convoca (seconda problema). E per parlare di cosa, chi detta l'agenda. Poi, chi partecipa?I grandi da soli? Grandi e cespugli? O anche esterni? Magari intellettuali d'area? Già ti viene il mal di testa. Un tempo era compito di Berlusconi. Fino a qualche mese fa li convocava Salvini. Ora toccherà alla Meloni, o no? Le questioni da affrontare non mancano, campeggia su tutte la regola principale, come stare assieme. Non si può dire qui siete andati da soli voi e qui ci andiamo noi. Perché si fanno male tutti. Poi i nodi elettorali, primi dei quali Sicilia e Lombardia con gli uscenti Musumeci e Fontana. Soprattutto nell'isola la campagna elettorale è alle porte e ogni rinvio sarebbe un delitto. La nostra supplica prevede una sola parola: sbrigatevi. Poi, il governo Draghi. Si può restare ancora divisi, tra chi ci sta e chi lo contrasta, seppure con garbo?
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L'Europa deve essere materia di divisione? E il programma 2023 come prevedete di scriverlo? I temi non mancano, nell'agenda del centrodestra. Li devono solo voler affrontare con la serietà che è sollecitata dal loro popolo. Magari il vertice lo facessero in diretta streaming, ciascuno e ciascuna con la sua autocritica. La stessa elezione di Verona non era paragonabile a Catanzaro o Parma: Tosi aveva un quarto dei voti e non il 5 o 10 per cento. Apparentarsi era un dovere. Ma Francesco Lollobrigida, capogruppo di Fratelli d'Italia alla Camera, vuole le scuse degli alleati (e su Michetti e Bernardo chi deve chiedere scusa ancora non si sa). A che cosa sono serviti i candidati in solitaria rispetto alla coalizione? Possibile che non riusciate a convincere i vostri referenti locali sull'unità della coalizione, magari negando loro il simbolo del vostro partito? Se hanno sbagliato strategie nel territorio ci aspettiamo cambi di gruppi dirigenti. Se non si cambiano, vuol dire che hanno sbagliato i leader a incoraggiarli e allora le cose si fanno più pesanti.
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TERRITORIO - Così come riconoscere la leadership di chi prende più voti nel territorio non è un delitto. Se la Meloni va a Palazzo Chigi e Salvini al Viminale non è che la sinistra sarà così contenta. Ma smettetela di litigare, in politica ci sono tanti di quegli spazi per tutti, basta non sciuparli. Saggezza nelle parole di Anna Maria Bernini, capogruppo di Forza Italia a Palazzo Madama: «Tutti i leader siano disposti non solo all'autocritica ma anche a portare soluzioni da condividere. Ci aspettano appuntamenti politici importanti, le elezioni politiche del 2023, il rinnovo dei vertici della regione siciliana, poi del Lazio e della Lombardia. I prossimi incontri segneranno la differenza solo se tutti abbasseranno l'indice accusatore e si lavorerà per costruire, proprio come ha sempre fatto Silvio Berlusconi. Vietato sbagliare ancora». In fondo, non si vota in Vietnam.