Marcello Sorgi, la "non vittoria" e Draghi per sempre: la profezia sulle prossime politiche
Una cosa è certa dopo questa ultima tornata elettorale, "se le cose non cambieranno, ed è difficile, lo sbocco più probabile delle elezioni del 2023 potrebbe essere simile a quelli del 2013 e 2018: cioè la 'non vittoria'" di entrambi gli schieramenti e la "conseguente difficoltà di formare una maggioranza in Parlamento", osserva Marcello Sorgi nel suo editoriale su La Stampa. Per il centrodestra, concorre "lo stato preoccupante dei rapporti tra i tre leader, Berlusconi, Salvini e Meloni, che si ripercuote localmente in una serie infinite di 'liti tra comari' incomprensibili quanto irrisolvibili", vedi lo scontro a Verona tra Sboarina e Tosi. Inoltre, sottolinea Sorgi "i risultati di lista del primo turno, lusinghieri per la Meloni, la spingono a condurre la trattativa con i suoi partner, per metà alleati e metà avversari, con scarsa disponibilità e con la minaccia eloquente di presentarsi da sola con il suo partito, malgrado l'alleanza sia indispensabile per correre nei duecento collegi uninominali".
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E "se il centrodestra vince quando è unito", il centrosinistra, ironizza il giornalista, "vince talvolta anche quando non dà grandi prove di unità, ma a condizione, appunto, che il centrodestra sia diviso". E sarà "pur vero che il 'campo largo' è l'unica strategia possibile per Letta" ma prosegue Sorgi, "è vero altrettanto che ciò che si è realizzato in molte città, all'ombra di una dimensione 'civica' che talvolta ha richiesto ai partiti di rinunciare ai loro simboli, è irripetibile a livello nazionale". Calenda infatti non starà mai con Conte e con Di Maio, anche perché il leader di Azione "cresce se sta da solo e rappresenta un'alternativa all'ammucchiata del campo largo; altrimenti no". E se è "fuori dalla realtà" una ricomposizione della scissione dei 5 stelle, "non si capisce, né si può prevedere, quale sarà e quanto potrà durare lo stabilizzatore 'effetto Grillo' su un Movimento che scalpita per uscire dal governo e preme per cancellare la rigida regola dell'esclusione dal terzo mandato".
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Conclude Sorgi, "viene da chiedersi se davvero sia un male - ammesso che si verifichi - che anche le elezioni del 2023 si concludano senza vincitori né vinti. E la risposta, da pronunciare sottovoce e al momento opportuno, è che non è affatto detto che lo sia. Se serve a garantire a Draghi di poter portare a termine il proprio lavoro in anni, come i prossimi, meno affollati di scadenze elettorali, e se può essere utile ai partiti per rigenerarsi, ben venga la 'non vittoria'". Draghi per sempre, insomma.