Giorgia Meloni e Matteo Salvini, una via obbligata: ecco perché devono restare insieme
Perfino a Verona, dove è in testa il candidato della sinistra, l'ex calciatore Damiano Tommasi, il centrodestra ha dimostrato di essere maggioranza, visto che la somma dei suoi due campioni, Sboarina e Tosi, fa venti punti in più rispetto al risultato ottenuto dal campo largo di Letta e compagni. Questo dicono le urne, e il magma progressista l'ha colto al volo. Lo si capisce dal fatto che l'area dem ha prontamente rilanciato il ritornello che tra un anno, che vinca la Meloni o che vincano Salvini e Berlusconi, dovrà continuare a governare Draghi.La lezione è che il centrodestra unito prevale e per questo il gioco dei suoi avversari è spaccarlo. Almeno per un giorno l'obiettivo è fallito. Fratelli d'Italia ha superato la Lega, a volte anche nettamente, in molti Comuni, pure al Nord. Giorgia Meloni però non ha infierito sull'alleato e Matteo Salvini non ha polemizzato con Fdi, che negli ultimi mesi ha mostrato scarso interesse per i referendum del Carroccio.
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I PADRI DELLA SCONFITTA
Il flop dei quesiti viene intestato dall'opinione pubblica unicamente al segretario, quando invece ha molti padri: il boicottaggio dei media, l'abuso dei referendum, che peraltro quando vengono votati sono poi disattesi dal Parlamento, l'affossamento che la Corte Costituzionale ha fatto delle domande che avrebbero chiamato più cittadini alle urne, e soprattutto il contesto cambiato, con il sopraggiungere di guerra, inflazione e bollette record, problemi che hanno messo in ombra quello tragico della malagiustizia. Al centrodestra ora si parano davanti due strade. Cercare di andare d'accordo, oppure farsi la guerra e lasciare il Paese nelle mani della sinistra. Quando per la terza volta in tre-quattro anni mutano gli equilibri interni, è fisiologico che una coalizione entri in crisi, anche se maggioritaria. Non resta che registrare i nuovi assetti e ritoccare le regole. Se Salvini vuol tornare al Viminale, sarà più facile passare per un'intesa con Fdi e Forza Italia piuttosto che con Draghi, il Quirinale o il Pd. Si è visto che, quando sono costretti a fare le nozze con i forza-leghisti, istituzioni e progressisti non sono attenti ai desiderata del Capitano e del Cavaliere e optano per figure di partito storiche e di provata fede, ma le più indipendenti possibile dai due leader. La Meloni ha chiesto agli alleati di prendere atto che la maggioranza di governo non ha più senso e perciò di staccare la spina. Non accadrà. Più facile che venga raccolto l'appello a non sterzare verso il proporzionale, il che significa archiviare l'idea di creare le condizioni per una maggioranza di larghe intese anche nella prossima legislatura. Per la Lega, ma anche per sarebbe pericoloso farsi tentare dall'idea di cambiare la legge elettorale, perché potrebbe dare la stura alle tentazioni centrifughe, o meglio eterodosse e centripete, presenti nei due partiti. I commenti arrivati da via Bellerio e da Arcore sterzano verso la conferma di un centrodestra intenzionato a presentarsi alle Politiche del prossimo anno unito e alternativo alla sinistra.
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GRUPPO COLLAUDATO
Salvini ha ripetuto che il leader della coalizione lo sceglieranno gli elettori, votando, e questa è regola condivisa da tutti, e ha rivendicato il ruolo di collante dell'alleanza, pronto anche a queste amministrative a sacrificare candidati in nome dell'unità. Ha un anno per convincere gli elettori che è stato giusto sostenere il governo per il bene dell'Italia, come ha sottolineato anche ieri, rispetto alla scelta dell'opposizione, che sta premiando Fdi. Il Capitano, oltre al tempo, ha anche gli uomini, una classe dirigente, locale e non solo, di primo livello, per recuperare il terreno perduto, a patto che li faccia giocare. Toni analoghi li ha avuti Forza Italia, che pure conserva frecce al proprio arco. In politica la vittoria cementa il gruppo. Per ora la regola pare confermata. L'altra legge è quella di non procurarsi guai da soli; e questa appare ancora la norma più difficile da rispettare per i protagonisti in campo.