Mario Draghi? "Zitto. E quel pessimo spettacolo in tv": voto boicottato, siluro contro il premier
In Italia il significato dei referendum è sempre andato oltre i quesiti che ponevano: dal 1997 a oggi, su otto consultazioni, si è superato il quorum praticamente solo nel 2011 in quello sulla gestione pubblica dell'acqua: non è che allora si sia rinunciato a legiferare sulla base dei temi e dei segnali che il referendum evidenziavano. I quesiti possono solo abrogare, correggere, non riformare o riedificare da fondo ciò che neppure una ristrutturazione farebbe bastare: nel caso pare chiarissimo (da anni) che gli italiani - siano andati alle urne oppure al mare - stanno esaurendo il loro credito verso la Magistratura: diversi libri ormai riportano che la corporazione che durante Mani pulite camminava sulle acque di Tiberiade (con una fiducia superiore al 90 per cento) alle fine del 2021 era calata a un gradimento del 7 per cento, e vedeva ridotto a un misero 30 per cento chi credeva «abbastanza» nel potere giudiziario. Potevano andare meglio, questi referendum? Eccome. Si poteva convincere più gente a votare? Eccome. Il momento però è quello che è: la politica vive alla giornata, ignora i segnali, mentre i giornali la scimmiottano anche negli errori e nelle debolezze: perdite di elettori e di lettori camminano a braccetto. Così, dopo cinque «Si», oggi Libero ha l'arroganza di dare altri voti.
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DISAMORE
Il Governo: non classificato. La Magistratura è indebolita da scandali e inadeguatezze, ma il Governo ha azzardato una riforma da minimo sindacale (interessano solo i soldi europei) anche se è vero che senza cambiare la Costituzione non si può cambiare realmente niente. Ci penseranno altri, ha pensato Draghi, come chiunque altro in più di mezzo secolo. Il governo sta inscenando un allineamento alla media comunitaria senza neppure ottenerlo: ma il segnale, l'ulteriore spallata al «sistema», non lasciano dubbi. Se non parliamo di «svolta» e di messaggio, è perché ci sono già stati: nessuno o quasi vuole il mantenimento di questo sistema giudiziario scandaloso, iniquo, costoso e ingiusto, e ci si aspetta che il Parlamento cambi le cose per davvero, prima o poi.
Gli italiani: 5. Che siano disamorati dei referendum in generale (soprattutto quando spuntano le giornate più belle del secolo) è stranoto, ma partire perdenti non è mai bello. L'ultimo sondaggio Ipsos disponibile diceva che per la metà degli italiani (48 per cento) il quorum non sarebbe stato raggiunto.
Passione civile saltami addosso: ma nel rush finale i giornali hanno rallentato anziché sprintare. L'Ipsos prevedeva un'affluenza tra il 27 e il 31 per cento, comunque.
I promotori: 6-. In via delle Botteghe Oscure 54, a Roma, non è chiaro neppure quanti comitati ci fossero. I siti internet erano almeno tre: dal «Comitato promotore referendum giustizia giusta» allo sguarnito «Io dico sì, referendum giustizia» (stesso indirizzo) dove in quest' ultimo si vede solo Giulia Bongiorno che per gli addetti ai lavori è sempre stata una fiancheggiatrice dell'attuale magistratura, al punto da dire che «i magistrati non fanno parte dei problemi della giustizia». Sul sito dei Radicali, sino a sabato, in apertura c'era una raccolta firme per far incriminare Putin, mentre in una pagina secondaria si scaricava un volantino sui referendum. Poi la Lega, il secondo promotore saltato in corsa. Sul sito «Legaonline» si leggeva «Domenica cambiamo la giustizia», e dicono che la scarsa credibilità di un Matteo Salvini «garantista» non abbia aiutato: meglio trovarlo che perderlo, punto. Certo la rivalità di piccolo cabotaggio con Giorgia Meloni non ha aiutato, soprattutto perché Fratelli d'Italia ha temuto di perdere il voto dei eventuali trogloditi che non sapessero distinguere tra «custodia cautelare» e «certezza della pena»: il perfido Piercamillo Davigo (vecchio amico di Ignazio Larussa) ha cercato di giocarci e di mettere il ditino puntato nella piaga: «Stupisce che una forza come la Lega, che aveva fatto della sicurezza un suo programma, si proponga di creare effetti stravaganti: se qualcuno vi svaligia l'appartamento e viene scoperto l'arresto in flagranza è obbligatorio da parte delle forze dell'ordine, ma poi dovrà essere subito rilasciato... Fratelli d'Italia non lo ha seguito su questa strada».
La Tv: 3. La Rai ha dedicato meno tempo ai referendum rispetto alla competitor Mediaset: una media di meno di due minuti al giorno per telegiornale Rai contro i tre minuti e mezzo del Tg Mediaset medio. Skye La7 ancora meno tempo della Rai. I dati sgorgano da un fact-checking de Lavoce.info: risulta che i Tg Rai abbiano riservato più tempo al singolo referendum sulle trivelle del 2016 che ai cinque sulla giustizia del 2022. C'è poco da aggiungere. Il monitoraggio ha avuto luogo poco prima ancora che l'italiana mediocre Luciana Littizzetto - simbolo della donna coi bigodini in testa, anche se non si usano più - declarasse a «Che tempo che fa» (2 milioni di spettatori) che il 12 giugno di votare i referendum non ci pensava neanche, in vitando ad «andare al mare» come Craxi nel 1991. Si ignorano gli effetti del richiamo dell'Agcom alla violazione palese della par condicio. Si ricorda che le tribune politiche di Rai Parlamento (che hanno parlato dei quesiti) hanno ascolti da prefisso telefonico.
La stampa: 4. Che i giornali ne abbiano parlato poco e male è fuor di dubbio: siamo quasi alla diserzione civile. Per il Fatto Quotidiano i referendum non esistevano, al contrario delle amministrative siciliane con quattro voti di scambio spelacchiato di un candidato di Fratelli d'Italia. Sabato Repubblica titolava in prima pagina «Referendum giustizia, perché diciamo No» e il sito di conseguenza. In precedenza, silenzio. Il sito corriere.it, in basso, aveva una spiegazione dei cinque quesiti, ma preceduto da «Comunali, nelle liste 18 impresentabili», l'elenco dell'antimafia. Il sito della Stampa, in basso a destra, dettagliava informazioni sul quinto quesito dopo averne spiegato uno al giorno, ma sempre in subordine a notizie sulle Amministrative. Vediamo le prime pagine di sabato, giorno prima del voto. Repubblica: «Per chi vota la mafia» (titolo d'altri tempi) e citato articolo «Perché bocciamo i cinque referendum». Il Corriere: niente sull'argomento, solo un riferimento al voto amministrativo e al candidato di Fratelli D'Italia arrestato,. La Stampa aveva in apertura «Referendum e comuni». La Verità aveva ovviamente un titolo sui vaccini (è passata a quelli sul vaiolo delle scimmie) e un corsivo che partiva dal caso Eni-Nigeria e invitava a votare «sì» ai referendum. Il Fatto Quotidiano niente come sempre. Sul Foglio, in apertura, un pezzo sull'astensionismo e sul poco affidabile Salvini garantista. Sul Giornale ampio spazio, sul Giorno-Nazione-Carlino niente, su fantasmatico Domani un editoriale titolato «Il diritto di non andare a votare». Sul Messaggero un editoriale: «La tendenza all'astensione che limita i nostri diritti». Sul Tempo niente. Su Italia Oggi niente.
I social: 2. Una ragazza napoletana che si chiama Francesca Florio e che ha 181mila follower (51 per cento 18- 24 anni, 34 per cento 25-34 anni, quasi) il 10 giugno ha spiegato che dei temi da lei spiegati al pubblico i referendum sulla giustizia interessavano poco: «I numeri sono più bassi di altri post... In media 63mila visualizzazioni, il più basso 50mila, quello sulle votazioni del Csm, il più visto e commentato è quello sulla custodia cautelare». Sul tema non mancano anche gli haters, del resto «Arrivano a odiare Gianni Morandi... come si fa a odiare Gianni Morandi?». Per il resto, alzi la mano chi ha trovato un'internet galvanizzata dalla consultazione popolare.
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IPOCRISIA DEM
I partiti: 5. Tutti i siti dei partiti in questi giorni invocavano soprattutto le firme sul 2 per mille nella dichiarazione dei redditi. Sul sito di Fratelli d'Italia c'era l'apertura «Italia, energia da liberare», ma non dal carcere preventivo, e non parlava neppure di suoi candidati siciliani. Sul referendum non non una riga. Sul sito di Forza Italia compitino ben fatto: immediato richiamo al voto, un video, varie schede esaurienti. Del resto gli apertamente favorevoli erano Lega, Forza Italia, Azione e Italia viva: mentre Fratelli d'Italia aveva espresso dubbi su un paio di quesiti perché deve ancora fare i conti col prooprio passato, ma non quello, di passato: quello di Mani pulite. Il Partito democratico si è schierato per una libertà di voto ipocrita: il segretario ha parlato di «cinque No» e l'invito sottinteso è all'astensione. Venendo al centrosinistra, la linea del Partito democratico in merito ai referendum sulla giustizia è quella della libertà di voto. A sinistra, comunque, le eccezioni non sono mancate. I grillini non hanno neppure dignità di menzione.