Giorgia Meloni, Sallusti vede la trappola del Corriere: come vogliono distruggere la leader di Fdi
Due editoriali consecutivi sul Corriere della Sera buttano lì, accarezzano, una pazza idea per il futuro governo dl Paese. Il primo, lunedì, era firmato da Paolo Mieli: “… A meno che, nel parlamento rinnovato non si costituisca un asse tra Fratelli d’Italia e il Pd di Enrico Letta, un asse però assai improbabile”. Il giorno dopo, ieri, Angelo Panebianco è stato più esplicito. La prende alla lontana, anno 1200 quando Firenze fu governata insieme da Guelfi e Ghibellini, ma poi arriva al punto: “Ci si può chiedere se ci sarà qualcuno di così autorevole da costringere i due partiti probabilmente più votati alle prossime elezioni - Fratelli d’Italia e Pd - a governare insieme… i gruppi dirigenti dei due partiti dovrebbero riflettere… dismettere entrambi le bandierine e fare un bel disarmo simmetrico e bilanciato, discutere su come rafforzare le istituzioni di governo”.
Due editoriali di fila sullo stesso tema non sono un caso, non da quelle parti. La tesi è suggestiva: prendiamo i due partiti che si sono dimostrati più anti putiniani e più filo atlantisti, mandiamoli al governo e chiudiamola lì con questi balletti su dove collocare l’Italia nel mondo. Semplice, no? Onore a Giorgia Meloni che con il suo rigore si è conquistata la stima degli intellettuali organici non di destra, ma la questione puzza di trappola lontano un miglio. È vero che in questi anni ne abbiamo viste di tutti i colori - dal governo giallo-verde a quello rosso-verde e infine l’attuale arcobaleno - ma a immaginare per il domani a un esecutivo rosso-nero giuro non ci ero arrivato.
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Sarò prevenuto, ma quando la sinistra manda avanti i suoi pensatori a lusingare qualcuno di destra dalle autorevoli colonne del Corriere c’è da preoccuparsi. Negli ultimi anni è accaduto due volte. La prima quando improvvisamente Gianfranco Fini diventò l’idolo dei progressisti che lo convinsero a mollare la casa del Centrodestra prima e a provare a far cadere il governo Berlusconi poi. La seconda quando la stessa cosa capitò con Angelino Alfano, segretario del Pdl, per poter insediare il governo Letta prima e spaccare definitivamente Forza Italia poi. Voglio dire che le avance della sinistra sono funzionali solo a dividere la destra, altrimenti difficilmente battibile nelle urne. Il messaggio è chiaro: cara Giorgia, non perdere tempo appresso a quei due perdenti filo putiniani di Salvini e Berlusconi che ti detestano, vieni con noi e vedrai che faremo grandi cose, tanto poi sulla legge Zan, sullo ius soli, sugli sbarchi e sull'aumento delle tasse un accordo in qualche modo lo troveremo.
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In altre parole: tu hai i voti, noi siamo intelligenti, facci vincere le elezioni che una fettina di torta ci sarà anche per te. Detto solo per dovere di cronaca che Fini e Alfano politicamente hanno fatto la fine dei fazzolettini usa e getta, e detto che Giorgia Meloni è fatta di altra pasta, mi chiedo: se la sinistra, dopo averle provate tutte compresa l'annessione dei Cinque Stelle, è così disperata da immaginare di attaccarsi alla gonnella della Meloni (per poi ovviamente fregarla come è nel suo costume) perché offrirle l'ennesima ciambella di salvataggio? Provassero a vincere una elezione invece che tramare per governare da perdenti che la Meloni, immagino, saprà lei cosa fare al momento giusto.