Eppur il Commissario Gentiloni fu un premier immobile...
L'attuale ministro dell'Economia della Ue che oggi ci riprende su debito, fisco e catasto, quando era a Palazzo Chigi non fece quelle riforme che oggi vorrebbe imporci. Paolo non ha torto, ma...
Due sono le straordinarie caratteristiche politiche di Paolo Gentiloni.
La prima è che Paolo parla soffiando nei microfoni –come il vecchio maestro Romano Prodi - producendo dei suoni talora sotto un livello di decibel accessibili all’orecchio umano. La seconda è che codesti suoni inducono una narcosi nei passanti entro il raggio di almeno cinque metri. Il tutto genera un curioso effetto-Lexotan. Per cui, spesso, i discorsi del Commissario europeo agli Affari Economici vengono recepiti a mozziconi, si contorcono in un sussurro istituzionale, sembrano cozzare tra loro. Sembrano. Non è un caso che l'altro giorno –confondendo in modo astuto i concetti di «raccomandazione della Ue» e di «indicazioni per il Pnrr»- Gentiloni prima abbia cazziato l’Italia sui «valori catastali che servono come base per il calcolo dell’imposta, sono in gran parte superati»; e che, quindi, abbia specificato la necessità di «allineare i valori catastali ai valori correnti di mercato». Epperò, qualche ora dopo, lo stesso Commissario, vista la conseguente incazzatura della Lega di Salvini, ha ulteriormente rettificato: «La Commissione non ha nessuna intenzione di massacrare nessuno di tasse. Riguardo alla riforma del catasto, nelle raccomandazioni è scritto che l’Italia è chiamata a “aggiornare i valori catastali agli attuali valori di mercato”». «E non credo» ha aggiunto il nostro Metternich di Monte Mario «che rappresenti una richiesta di aumentare le tasse ma una necessità per l'Italia di cui il governo è perfettamente consapevole. L’aggiornamento poi può essere al rialzo o al ribasso dipende dalle situazioni». Gentiloni non crede. Non crede che la Ue spinga gl’italiani a una riforma del catasto che faccia reintrodurre le tasse sulla casa.
Epperò, il medesimo documento di cui la Commissione europea (della quale Gentiloni fa parte) è autrice, be’, racconta un’altra storia. Nel report sulle conseguenze per l’Italia dell’attuale contingenza economica e sulle “raccomandazioni di policy per Roma -pagina 63- si cita, infatti, esplicitamente la riforma del catasto. A leggere con attenzione, la si cita in un paragrafo in cui viene sottolineato come l’Italia abbia un problema di «eccessivo prelievo fiscale dal lavoro». Non è un tema nuovo, a dire il vero. Ma al suddetto problema si associa a una richiesta esplicita (pagina 31) di «spostare la tassazione dal lavoro» anche «riformando i valori catastali datati». La Commissione nota pure che «le prime residenze sono esenti dalle imposte ricorrenti sugli immobili per quasi tutte le proprietà, nonostante la presenza di un alto tasso di proprietà della casa, e la base imponibile corrispondente è obsoleta». Tradotto: nonostante tutti parlino di semplice “mappatura” del catasto, la riforma dello stesso catasto serve, in realtà, a recuperare più tasse. Un principio squisitamente “estrattivo”, se vogliamo.
E, certo, se glielo fai notare, Gentiloni non fa un plissé. Anzi. Allarga le braccia, ribatte. Appoggia l’idea della Commissione Ue di «razionalizzazione e la riduzione delle agevolazioni fiscali, anche per l’Iva, e le sovvenzioni dannose per l'ambiente garantendo equità e riducendo la complessità del codice tributario». E lo fa entrando a gamna tesa nella gestione diretta della delega fiscale con lo stesso tono solenne del monaco-Savonarola del film <CF2711>Non ci resta che piangere; </CF>il quale monaco, dalla finestra ammoniva Massimo Troisi: «Ricordati, ricordati che devi morire!...» e Troisi rispondeva «Sì,sì, mo’ me lo segno…».
Ora, non è tanto l’anatema di Gentiloni verso l’Italia cazzerellona e priva del più assoluto senso dello Stato. Sulle riforme per il Pnrr da accelerare il Commissario ha perfettamente ragione: ora l’opportunismo dei partiti , ora il nostro doppio livello di burocrazia centrale e territoriale assommato a quello altamente specializzato dell’Europa stanno rallentando i margini di manovra per ogni obbiettivo del Recovery Fund da raggiungere. Però, insomma, un po’ stride osservare che il bacchettatore principe dell’Italia sia oggi un italiano così di pregio e così portato culturalmente alla mediazione. Gentiloni nello smussare democristianamente gli angoli è un maestro. L’ho incontrato spesso quand'era a capo del dicastero della Comunicazione e il suo disegno di legge per smontare il sistema radiotelevisivo e Rete4 sembrava il piano Marshall delle tv. Una volta lo intervistai con Corradino Mineo: parlò per un’ora di seguito, a ritmo di fado portoghese, di riforma Rai senza mai citare la Rai o dare una notizia. Io stavo impazzendo, Mineo, ammirato, invece si candidò col Pd. Ecco. Quel Gentiloni magari è rimasto tale nella forma; ma nella sostanza ora sembra Wolfgang Schäuble quando faceva il falco sui nostri bilanci.
Ecco. Fa, semmai, un po’ specie, che proprio Gentiloni, entri a gamba tesa nei fatti dell’esecutivo Draghi; si incarichi di sollecitarci sull’Iva, sul catasto, sui balneari, sul taglio del costo del lavoro, sulle riforme urgenti da fare dalla giustizia al fisco, al taglio del debito e della spesa pubblica.
Che, poi, parliamoci chiaro. Gentiloni, dal 2016 al 2018, è stato un buon Presidente del Consiglio, anche e soprattutto se confrontato col suo successore (Conte). Eppure, non è che il suo governo abbia fatto la rivoluzione. Anzi. L’esecutivo Gentiloni, ai tempi, rappresentò, dal punto di vista politico, la sostanziale prosecuzione del precedente Governo Renzi, pur liberato –differenza fondamentale- rispetto a Renzi, dall'impegno di apparecchiare la riforma costituzionale e la legge elettorale. Insomma, il suo fu un governo “normale” in grado di esercitare il potere esecutivo senza il fardello delle riforme istituzionali. Vero è che, anche con Gentiloni le Camere continuavano a rendersi incapaci di tradurre in azione di governo, attraverso la propria attività legislativa, «le istanze di rinnovamento espresse della società italiana». Intendiamoci.
Il Commissario Gentiloni sta interpretando il suo ruolo attuale con sonnacchioso acume; non per nulla lo chiamavano “Er moviola”: l’azione è lenta, ma prima o poi il risultato arriva. Ma certo, c’è modo e modo….