FdI, c'è Giorgio Almirante nella destra di Giorgia Meloni: l'omaggio della leader
No, non è stato un ricordo retorico o di occasione, quello di Giorgia per Giorgio. Né un atto dovuto da far passare sotto silenzio, per non enfatizzare troppo un passato ingombrante. È stata piuttosto la dichiarazione di un orgoglio di appartenenza a una storia e la testimonianza di volersi porre in continuità con essa, senza salti bruschi o improvvide rimozioni. Il post di Giorgia Meloni dedicato ad Almirante due giorni fa, per il 34° anniversario della sua scomparsa, ha fatto registrare più di 13.500 mi piace, 1.500 commenti e oltre 1.000 condivisioni, molto più di altri suoi post relativi all'attualità e allo scontro politico. La leader di Fratelli d'Italia scriveva: «Ricordiamo un uomo coraggioso, onesto, rispettato e stimato dagli amici ma anche dai suoi avversari. Un grande politico che ha saputo trasmettere alle successive generazioni idee, valori, tradizioni e un infinito amore per la nostra Nazione. La destra italiana non dimentica».
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Sotto fioccavano i commenti di chi, di Almirante, apprezzava le qualità di uomo, leader di partito e statista, valori etici come «la coerenza, la correttezza, l'onestà e la lealtà» e la competenza («era un esempio di cultura e preparazione»), la chiarezza di pensiero e la facilità di linguaggio («onore a un grande oratore») e ancora l'anteporre il servizio del Paese e delle Idee agli interessi personali («Non cercava cariche e poltrone») e, ultimo ma non ultimo, il suo essere avversario politico fiero ma rispettoso, tanto da figurare al funerale del segretario del Pci Enrico Berlinguer. La parola più ricorrente tra i messaggi degli utenti sotto il post per Almirate era «grande». E uno degli aspetti più interessanti è che, a riconoscerne la grandezza, erano anche molti cittadini di sinistra o comunque di idee speculari a quelle di Giorgio.
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Nella commozione con cui leggevi questi omaggi sinceri a un uomo che resta esempio forse inimitabile non potevi non cogliere due importanti risvolti politici. Il primo è che, a dispetto di quanti chiedono una svolta moderata-centrista di Fratelli d'Italia e addirittura la cancellazione della fiamma dal simbolo, e a dispetto anche di quanti contestano alla Meloni un allontanamento o un tradimento delle radici missine, la leader di Fdi rivendica fieramente quell'eredità, se ne sente figlia e custode e intende proporla come punto di riferimento per il futuro. Il suo tributo a Giorgio non è nostalgia ma conferma del suo punto di vista, anche in politica internazionale.
Come ha ricordato alcuni giorni fa in Parlamento Ignazio La Russa, il collocamento filo-occidentale di Fratelli d'Italia non è il prodotto di un'improvvisata o opportunista svolta atlantista legata alla guerra, ma una scelta coerente col posizionamento internazionale del Msi sin dalle origini. «È dal 1949 che la destra italiana è sempre coerentemente schierata a sostegno dello strumento difensivo occidentale che è la Nato», ha ricordato La Russa. E anche il modello europeista proposto dalla Meloni, quello di un'Europa delle patrie, e il suo ruolo aggregatore dei conservatori del continente paiono pienamente aderenti al'idea dell'Eurodestra partorita proprio da Almirante.
La seconda questione è che gli stessi elettori di Fdi, per quanto consapevoli delle nuove sfide che aspettano il partito, non vogliono un soffocamento di quel fuoco sacro, che continua per loro a essere simbolo cui ispirarsi e spirito vitale da alimentare. In questo senso, vista dagli elettori, la Meloni ne rappresenta la nobile vestale. Incaricata di continuare a soffiare sulla fiamma, e di farla tendere a destra. In nome di Giorgio.