Giorgia Meloni stana i grillini: "Governo in crisi? Allora torniamo subito alle urne"
I «Sandra e Raimondo» della politica italiana- Giorgia Meloni ed Enrico Letta - ancora una volta non deludono le aspettative: a fine serata non sono d'accordo su nulla. O quasi. Perfetti dunque, almeno a sentire i sondaggi, per sfidarsi alle Politiche. Sempre che da qui al 2023 esistano ancora due coalizioni e una legge che le favorisca (su cui il leader del Pd, però, sembra essersi già rimangiato la parola «maggioritario», pronunciata a Natale proprio ad Atreju). Di certo, come hanno chiarito ieri agli studenti della School of government della Luiss accorsi per la presentazione del libro di Giovanni Orsina, i due concordano su un punto: non governeranno mai insieme. Nemmeno davanti ad un'ennesima emergenza? «No», indica la leader di FdI incrociando le braccia a forma di X. «La possiamo dire insieme: la risposta è no», assicura il segretario del Pd.
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BIPOLARISMO - Il clima fra i due è disteso, il rispetto è reciproco ma l'intesa finisce qui. Per il resto, su riforme istituzionali, ruolo dell'Europa, crisi energetica, immigrazione e diritti civili, ciò che è andato in scena ieri a Roma è la prova che la strana coppia intende far gioco e dettare le coordinate sì ma nei rispettivi accampamenti - il centrodestra e il campo largo - dove al momento regna tutt' altro che organicità. «Serve una seria normale alternanza al governo: uno governa l'altro va all'opposizione», assicura Meloni convinta che proprio il recupero dello schema bipolarista sia la ricetta per rivolvere la questione centrale sviluppata nel volume che dà anche la traccia all'incontro: «Una democrazia eccentrica».
A proposito di questo, nulla di eccentrico è avvenuto ieri con l'indicazione di Stefania Craxi. «È accaduta una cosa scontata che nulla a che fare con nuova maggioranza: è normale che FdI abbia votato il candidato di centrodestra», ha assicurato Giorgia rispondendo a Conte furioso per la sconfitta subita in Commissione Esteri del Senato. Il capo grillino «giudica FdI» dicendo che è entrata a far parte di una nuova maggioranza? «È abituato a fare così. Ma io non faccio alleanze con chi ho giurato di non farne mai», ha continuato Meloni certa che queste parole riecheggeranno anche alle orecchie degli alleati di Lega e FI. Un colpo sentito, eccome, anche da Letta che a sua volta ha puntato il dito contro l'asse Lega-Forza Italia: «Il centrodestra di governo ha fatto un errore. La scelta di oggi (ieri, ndr) aggiunge elementi di rottura e la compattezza della maggioranza è scesa di un gradino».
Nonostante ciò l'accanimento terapeutico, per il capo del Nazareno, non è in discussione: «Sono una delle ruote di questa maggioranza. Lo scopo è proseguire, far finire la legislatura». Un invito indiretto a sua volta a Conte, pronto a fare le bizze in Parlamento contro Mario Draghi sull'invio di nuove armi all'Ucraina. In totale disaccordo, ovviamente, Meloni: «La "responsabilità" non è scongiurare il voto ma dare risposte. Per questo auspico che le forze politiche si rendano conto che l'unica cosa che rimane da fare in questa fase è andare a votare».
LA PROPOSTA - Sulla diagnosi impietosa del sistema, Letta comunque non fugge. «La nostra democrazia è profondamente in affanno. Quindi ha ribadito: «Dopo il voto serve entrare in una nuova democrazia, in cui i cittadini si possano riconoscere. Serve un governo saldato con il voto degli elettori che duri tutta la legislatura». Un impegno, assicura, da prendere prima delle elezioni. Meloni prende la palla al balzo. «Enrico ti faccio una proposta: eleggiamo un'Assemblea costituente per fare le riforme insieme la prossima legislatura?». La replica del dem è larga: «L'Assemblea costituente sarà il prossimo Parlamento che avrà numeri talmente ridotti da poterlo fare». La verità l'ex premier la pronuncia subito dopo: «A me non piace il semipresidenzialismo alla francese, preferisco il sistema italiano». Un assist al bacio "alla francese" per Giorgia: «Quindi non ti piace Macron...?».