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Matteo Renzi, "la nomina fermata dalle toghe". E fa il nome: lo scandalo che travolge la magistratura

Matteo Renzi
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Pubblichiamo un estratto del libro di Matteo Renzi dal titolo Il mostro. Inchieste, scandali e dossier. Come provano a distruggerti l'immagine. Il volume, pubblicato per Piemme da Mondadori Libri S.p.A., sarà in libreria da martedì 17 maggio.

Naturalmente io avrei dovuto fare di più per rottamare le correnti della magistratura. E dire che nella settimana in cui ho composto il mio governo ci ho pure provato, invano. Avevo scelto infatti di fare una proposta ardita perla carica di guardasigilli. Volevo azzerare il potere delle correnti nominando ministro un uomo capace e totalmente fuori dagli schemi. Qualcuno dice: fin troppo fuori dagli schemi.

 

E avevo pensato a Nicola Gratteri, magistrato di valore da sempre in prima linea contro la 'ndrangheta. Lo conoscevo per la sua storia, per i suoi libri, per la sua passione civile. Poi mi ero confrontato con lui in alcune chiacchierate a Firenze e Roma. Gratteri aveva idee rivoluzionarie: avremmo lavorato per il sorteggio al Csm, così da spezzare il meccanismo delle correnti. Avremmo rivoluzionato la responsabilità del magistrato che sbaglia. Avremmo impostato in modo diverso, tecnologicamente avanzato, il lavoro interno per azzerare gli arretrati e garantire la certezza dei tempi del processo.

LE PROPOSTE
Su molte cose non la pensavo e non la penso come Gratteri, a cominciare dal ricorso per me eccessivo alla carcerazione preventiva e a un diverso concetto di garantismo. Ma su questi problemi avevamo discusso di come trovare un punto di caduta garantista e rispettoso del diritto della difesa. Con Gratteri ministro avremmo potuto davvero scardinare il sistema delle correnti. Anzi, quello che Luca Palamara chiama tout court il «sistema». Quando salgo al Quirinale per chiudere la lista dei ministri anticipo con una email al presidente Napolitano la mia proposta.

Come guardasigilli c'è Gratteri. Orlando è all'Ambiente. Galletti all'Agricoltura. Chi ricorda ciò che accadde in quel pomeriggio del febbraio di otto anni fa sa che per qualche ora rimanemmo nella stanza del presidente senza uscire e annunciare i 4nomi. Voglio dirlo con molta chiarezza: questo è del tutto normale e costitule volontà del presidente del Consiglio. E se ha dubbi su uno o più nomi la Costituzione gli permette di dissentire.

 

Nella storia repubblicana è avvenuto più volte con modi più o meno felpati. Tutto ciò è del tutto legittimo e soltanto l'ignoranza costituzionale e la stupidità politica del Movimento Cinque Stelle hanno portato l'Italia nel maggio del 2018 sull'orlo di una crisi politica senza precedenti, quando Luigi Di Maio annunciò in tutte le sedi televisive l'impeachment del presidente Mattarella perché si era rifiutato di firmare la nomina a ministro di Paolo Savona. Ovviamente Di Maio adesso ha cambiato idea anche su questo e parla di Mattarella come di un angelo dando una dimostrazione di come siano semplicemente ridicoli e fuori misura i comportamenti, le esagerazioni, le scelte politiche del Movimento Cinque Stelle.

L'ULTIMA TELEFONATA
Mentre salivo al Quirinale l'ultima telefonata prima di spegnere il telefonino la feci a Gratteri. Ero in auto con Graziano Delrio. Mi disse: «Grazie di aver pensato a me, presidente. Le rinnovo la disponibilità. Ma tanto quando lei leggerà i nomi io non sarò nella lista. Perché a me il ministro non lo faranno mai fare».

Da cosa derivava questa certezza di Gratteri? Dal fatto che nella settimana in cui il suo nome era circolato il "sistema" aveva iniziato a fare pressioni sul Quirinale. Lo dice chiaramente colui che era il capo di quel sistema, Luca Palamara, con il quale a distanza di anni abbiamo scherzato su quella battaglia che ci vide su fronti contrapposti. Magistrati come il procuratore della repubblica di Roma, leader di varie correnti della magistratura, giudici eletti in Parlamento con alte responsabilità fecero arrivare al Quirinale - in modo più o meno diretto - la loro avversione totale all'ipotesi di Gratteri.

E come lo stesso procuratore antindrangheta aveva previsto non se ne fece nulla. A distanza di otto anni posso prendermi tutte le responsabilità per non aver saputo combattere e contrastare meglio le correnti. Ma è bastato introdurre una timida legge sulla responsabilità civile dei magistrati, molto timida, ma almeno un primo passo, per essere messo all'indice come l'uomo che voleva attaccare la magistratura.

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