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Enrico Letta smascherato: si ispira agli Usa ma... ecco perché è un finto atlantista

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 Enrico Letta

Fausto Carioti
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Divisi sulla guerra in Ucraina, sul reddito di cittadinanza, sull'inceneritore della monnezza romana e un'altra decina di cose, ieri Pd e Cinque Stelle si sono trovati d'accordo nel non dare agli italiani il diritto di scegliere da chi farsi governare. È stata una doppia ipocrisia. Prima e dopo l'arrivo di Giuseppe Conte, i Cinque Stelle non hanno mai avuto una cultura politica degna di questo nome, limitandosi a rubacchiare spunti a destra e (soprattutto) a sinistra. L'unica idea davvero loro, quella che infatti li caratterizzava, era la mitologia della «democrazia diretta», il principio secondo cui si deve dare agli elettori il potere di scegliere, senza mediazioni. Beppe Grillo, poco più di un anno fa, lo spiegò così: «Non credo in una forma di rappresentanza parlamentare, ma credo nella democrazia diretta fatta dai cittadini».

 

 

Ecco: ieri, i deputati del M5S hanno affossato la proposta di Giorgia Meloni che prevedeva l'elezione del presidente della Repubblica «a suffragio universale e diretto». E lo hanno fatto, ha spiegato la loro deputata Vittoria Baldino, perché, «invece di puntare sull'uomo solo al comando, stravolgendo completamente la nostra Costituzione, riteniamo che si debba rafforzare il ruolo del Parlamento». La sola idea originale che avevano, insomma, e si è dimostrata parecchio confusa. Ipocrita pure Enrico Letta, col suo americanismo ostentato e con la sua devozione per la democrazia francese, accresciuta nei cinque anni e mezzo trascorsi insegnando a Parigi. L'adesione di Letta ai principi degli Stati Uniti è pressoché totale quando si parla di Alleanza atlantica, come il suo essere filofrancese si esalta su tutte le scelte europee, anche quando all'Eliseo (e capita spesso) tirano il carro della Ue dalla loro parte. I suoi entusiasmi da esterofilo, però, si fermano qui, come se da quei due modelli non ci fosse altro da imparare.

 

 

Quello che il segretario del Pd finge di non vedere è proprio ciò che fa la differenza tra gli Stati Uniti, che dal dopoguerra hanno visto alternarsi 14 presidenti; la Francia, dove dalla nascita della Quinta repubblica, nel 1959, si sono avuti 24 governi, emanazioni di otto présidents de la république; e l'Italia, che dal 1946 a oggi ha cambiato 66 governi, in gran parte governicchi dalla salute cagionevole, appesa alle scelte dei Turigliatto e degli Scilipoti di turno. E questa differenza, che è anche una delle ragioni per cui Usa e Francia hanno una credibilità e un peso internazionale che l'Italia sogna, è la legittimazione che l'elezione diretta garantisce ai loro presidenti. È il modello che la proposta votata dal centrodestra voleva importare qui da noi, e che i giallorossi hanno bocciato. E il motivo per cui a sinistra preferiscono lasciare l'Italia in fondo alla catena evolutiva delle democrazie occidentali è semplice: se gli elettori potessero scegliere direttamente, le alte cariche dello Stato sarebbero finalmente contendibili, sottoposte alla regola dell'alternanza, e smetterebbero di passare da una faccia all'altra dello stesso album di famiglia.

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