Mario Draghi salvo per un voto, clamoroso agguato di Pd e M5s: il ruolo di FdI
I grillini tentano il blitz contro Mario Draghi. E si trascinano dietro anche il Partito democratico.Mafinisce male (per loro). E il governo si salva grazie all’astensione di Fratelli d’Italia. Ecco i fatti. Che succedono domenica notte. Quando la Commissione Industria del Senato è impegnata nelle votazioni sul decreto Tagliaprezzi. C’è una misura che riguarda l’ex Ilva. E prevede il trasferimento di 150milioni dalla bonifica alla decarbonizzazione dell’acciaieria. È un tema che sta molto a cuore al premier. Che, anche recentemente, ha sottolineato quanto sia importante produrre acciaio a Taranto in questa fase di instabilità internazionale e di penuria di materie prime. Bene: il Movimento 5 Stelle presenta un emendamento proprio per cancellare questo articolo del decreto. E, nonostante la contrarietà del governo, il senatore Mario Turco chiede che sia messo ai voti. Entrain scena il Pd. A fare da spalla.
Il capogruppo dem in Commissione, Stefano Collina, asseconda la manovra grillina. E lo fa, come ammetterà poi più avanti, per un mero calcolo elettorale: a Taranto i giallo-rossi sono riusciti a presentare un candidato unico. Insomma,Collina stava facendo cadere il governo (alla vigilia delle visita di Draghi alla Casa Bianca) per non irritare i pentastellati pugliesi. Provincialismo modalità “On”. La frittata però non si rapprende. L’emendamento viene respinto per un soffio: 14 voti favorevoli (M5s, Pd e Leu), 14 contrari (Forza Italia e Lega), astenuti Italia viva e Fratelli d’Italia. In caso di parità, il regolamento di Palazzo Madama prevede che la proposta di modifica venga comunque respinta. Resta il caso politico. Turco rivendicala sua mina, sostenuto da Giuseppe Conte, che da giorni pianta grane all’esecutivo.Collina, cazziato dai suoi capi, chiede scusa: «La scelta di votare a favore dell’emendamento proposto dai 5s sull'Ilva nasce solo dalla volontà di non rompere un'alleanza politica che sul territorio tarantino sostiene un candidato a sindaco» ,ammette candidamente. E si prende tutta la responsabilità dell’accaduto: «Ero consapevole che l'input che avevo dalla capogruppo e dal partito era di votare contro l'emendamento». Ma lui, il senatore piddino, era sicuroche non sarebbe successo niente: «Difronte alla forzatura del M5s, ho scelto di votare a favore, convinto che l’emendamento sarebbe stato bocciato».
Aveva fatto male i conti. «La verità sul blitz dell’emendamento Ilva del M5s al decreto Tagliaprezzi è che i grillini hanno provato a mandare sotto il governo», dichiara il senatore Mauro Marino, capogruppo di Italia viva in Commissione Finanzea Palazzo Madama. «Su quel emendamento c’era il parere contrario del governo, l’accordo era di non ripresentarlo, ma la smania elettorale è troppa e punta a far fibrillare un governo autorevole come quello di Draghi pur di risalire nei sondaggi. Come sempre, dietro i titoli, che siano sui termovalorizzatori di Roma o sull'Ilva di Taranto c'è davvero poca autenticità da parte del M5s, che va avanti di bandiera in bandiera, inseguito talora dal Pd su un terreno sdrucciolevole”, conclude Marino.
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Sul tentativo di blitz grillino Interviene anche Matteo Salvini: «Male: a proposito di quelli che non fanno lavorare Draghi. Errare è umano, perseverare è diabolico. E' la seconda volta che votano contro le misure per l'ex Ilva. Non ora, ma mi aspetto da Draghi che prenda posizione al rientro dagli Usa perché poi arriva in aula. Sono stati estremamente corretti», dichiara il segretario federale della Lega.
In via Bellerio c’è «grande fiducia affinché l'Italia sia protagonista della distensione in Ucraina e grande preoccupazione per il voto contro il governo espresso nella notte da Partito democratico e Cinque stelle». Oltre allo scenario internazionale, c’è anche un tema interno da risolvere: il voto dei giallo-rossi contro il governo per la Lega è un fatto grave «anche perché segue il no dei Cinquestelle al termovalorizzatore di Roma. Si aspetta chiarezza quando il premier sarà tornato in Italia».