Salvini-Berlusconi contro "l'amerikano" Mario Draghi: retroscena, così la guerra può far saltare il premier
Ci si stupisce che la Lega, con molta prudenza, e persino Forza Italia stiano prendendo le distanze dall'adesione piatta e ad oltranza di Draghi alle strategie di Biden. Perché meravigliarsi? Sono premuti dal sentimento profondo dei loro elettori. Draghi per loro è un fortunato accidente della storia. Ma vedere il nostro premier impalmato dal presidente democratico Usa quale alleato perfetto, al punto da sceglierlo come primo leader europeo chiamato con ogni onore alla Casa Bianca occupata dagli obamiani e dai clintoniani (10 maggio), è un po' troppo. Sa di acquiescenza servile al voglio-posso-comando di un Patto Atlantico le cui scelte sono decise da un vertice anglosassone che se ne infischia del nostro interesse nazionale. Anzi più siamo deboli, meglio sta.
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Ovvio: la Lega si muove come se camminasse sulle uova. L'accusa di avere nascoste trame con Mosca salta subito fuori appena qualche suo esponente osi eccepire sulla politica del "più armi, più sanzioni" che è il mantra del "sincero antifascista". Per questo non può assecondare se non a basso volume i sentimenti della sua gente. Questo vale anche per i berlusconiani, e pure udite udite - per militanti e simpatizzanti di Fratelli d'Italia. Questi ultimi non discutono certo la linea della Meloni, capiscono la convenienza politica in chiave di governo futuro della posizione persino esageratamente filo-atlantica decisa da Giorgia, ma in cuor loro non ci credono neanche un po'. È un triste prezzo pagato allo sdoganamento. Non che siano false le lacrime della Meloni per i bambini uccisi. Altra cosa è confondersi con il pensiero unico belligerante.
IL POPOLO
Chiunque, come capita a me, riceva o esplori una chat frequentata dal pur variegato popolo di centrodestra non può che testimoniarlo: il popolo di centrodestra non si fida per nulla di Biden, non ha nessuna intenzione di essere coinvolto in una guerra senza fine con l'obiettivo di scatenare la lunga «lotta delle democrazie contro le autocrazie», come ha sostenuto il presidente americano durante le esequie di Margareth Albright. Questa gente non-di-sinistra sta con gli ucraini, vuole sostenere questa povera gente, è in prima fila nell'accogliere in casa propria i profughi e nel sostenere con medicinali, viveri, vestiario, carezze le mamme e i piccini ucraini che arrivano esangui e impauriti tra noi, ma sono contro la guerra dove ormai gli abitanti di Kiev e di Odessa sono casualmente implicati come carne da cannone. E se si va avanti così, in futuro si teme lo saremo anche noi.
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Esiste però un ricatto mainstream per cui questo sentimento popolare non trova leader politici che sappiano, anzi possano dargli dignità politica: sarebbero estromessi dal consesso civile il cui recinto è stato costruito ideologicamente dai cosiddetti grandi giornali e dai tg. Paura di anatema. Infatti sulle citate chat non si trova il pensiero di alcun parlamentare o dirigente di centrodestra: timore di essere associati a chi esprime i propri dubbi, e di essere perciò crocifissi come vili e indifferenti complici delle brutalità putiniane. Balle. Lo sa benissimo chi lancia accuse strampalate di puntinismo. Semplicemente la gente non accetta l'idea di un'escalation militare che ha l'America e con essa la Gran Bretagna: una guerra geopolitica e di supremazia dell'anglosfera di cui la minaccia all'integrità territoriale dell'Ucraina è alla fin fine un mero pretesto.
IDEOLOGIA
Somiglia troppo questa «lotta tra democrazie e autocrazie» a quella che ha prodotto almeno sei guerre con ecatombe di civili, come quelle disgraziatissime in Afghanistan, Iraq, Siria, Somalia, Yemen e Libia. Prima con Bush, che almeno le sue giustificazioni le aveva, e poi con Obama, il quale aveva solo disegni di destabilizzazione del Mediterraneo e del Medio Oriente per piantarvi la sua bandiera ideologica. Quelle guerre hanno causato vittime e fatto enormi danni anche all'Italia, e vabbè, cosa fatta capo ha. Ma quella contro la «autocrazia russa» è tutta un'altra storia quanto a rischi, persino di sopravvivenza economica ed esistenziale del nostro Paese. Lo capisce anche un bambino: un conto è bombardare uno Stato islamico, un altro è dare mandato agli ucraini di tirare i nostri missili contro uno Stato atomico.
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Carlo Calenda ha detto parole sagge. In un primo momento aveva ridicolizzato chi voleva aiutare la resistenza ucraina con armi solo difensive. Aveva risposto sarcastico: gli mandiamo delle fionde? Dinanzi allo spirito di bellicismo condito persino di estetica da bella morte (degli altri) ha alzato il cartello di altolà. «Dobbiamo sostenere l'Ucraina con le armi, ma sono molto preoccupato e contrario all'invio di armi offensive di lunga gittata, perché c'è il rischio di una risposta russa su un Paese Nato e quindi poi ci sarà la guerra». Putiniano o panciafichista anche Calenda? Per favore, qualche leader di centrodestra dia voce con coraggio al sentimento e al buon senso della propria gente.