Enrico Letta vuole una super-Europa? Senaldi: “Perché si dimostra più imperialista di Putin”
Il tenero Letta, inteso come Enrico, è più imperialista di Putin. Il dittatore russo infatti ha come massima ambizione ricostruire l'Impero Sovietico, riannettendo a Mosca tutti i territori persi a inizio anni Novanta. con l'implosione dell'Urss. Il segretario del Partito democratico sogna più in grande. In una lettera al Corriere della Sera, il piddino ha esposto il suo progetto di costruire una Confederazione europea che vada oltre gli attuali 27 membri dell'Unione e si estenda anche a Ucraina, Albania, Moldavia, Georgia, Macedonia e altri sventurati Paesi dell'Est, per un totale di 36 partecipanti. Come sappia che kosovari e serbi anelino entrare dalla porta di servizio nello scalcagnato club di Bruxelles è un mistero. Più facile pensare che non lo sappia ma che la boria democratica di cui è dotato glielo faccia dare per scontato. Attenzione però, l'idea di Letta non è la riedizione del progetto dell'Europa a cerchi concentrici, lanciata dallo statista francese Jacques Delors, con diversi livelli di integrazione tra gli Stati membri. È piuttosto la riproposizione in chiave istituzionale della tecnica societaria delle scatole cinesi in base alla quale, quando una società sta per fallire, si rilancia con l'acquisizione di un'altra, che consenta di intorbidire le acque e prendere tempo; e così di seguito, ogni volta che i nodi vengono al pettine.
IL FLOP
Lo ammette tra le righe lo stesso Letta, spiegando che l'allargamento a Est successivo alla caduta del Muro di Berlino è di fatto fallito; e questo, secondo il nostro, sarebbe di per sé un buon motivo per ingrandirsi ancora. Non parliamo di leader dalle grandi visioni ma di gigantismo di nani politici. Il padrone di casa del Pd non riesce a mettere d'accordo quei quattro gatti di parlamentari che gli sono rimasti, si è perso per strada quei cani senza padrone che sono ormai i suoi alleati grillini e passa tutto il tempo a sparare contro l'altra metà della maggioranza che regge il suo governo. Non si vede come possa trovare il bandolo della matassa del rebus europeo, per di più complicando il quadro anziché semplificandolo. La guerra in Ucraina è la conferma che tutta la narrazione degli ultimi anni fatta dai dem su sinistra ed Europa era sbagliata. L'inflazione dimostra che abbiamo pompato troppo denaro nel sistema, illusi che la crescita economica possa essere solo finanziaria e non anche industriale. La dipendenza energetica è la prova che ci siamo stretti il cappio al collo, affidando il nostro sviluppo alla benevolenza di Paesi nemici anziché alla ricerca e creazione di fonti alternative.
La carenza di nucleare racconta di come per anni, soprattutto in Italia, perché i francesi anche in questo sono più svegli di noi, ci siamo ringretiniti seguendo ciecamente le profezie di santoni ambientalisti. Le sanzioni a Mosca, con le quali per ogni capello che torciamo a Putin ci tagliamo un dito della mano destra, ci fanno somigliare, nell'ideologia e nei comportamenti, ai kamikaze islamici che andavano di moda anni fa e noi ora ci proponiamo di rimpiazzare, per la gioia del resto del mondo. Il campo di guerra ci ha reso edotti che non abbiamo un esercito e che il taglio ripetuto della spesa bellica ci ha lentamente cancellato dalla mappa del mondo. Il fallimento di ogni tentativo di trattativa partita dall'Europa e le spaccature sul grado di sanzioni contro Putin sono la misura che l'istituzione e i suoi organi non hanno reale consistenza. Cina, India, Medio Oriente, Africa e la gran parte del mondo che non si è schierata contro il tiranno moscovita rivelano che gli equilibri nel pianeta sono già mutati. L'Occidente è diventato minoranza, anche per colpa delle sue recenti iniziative belliche, sbagliate e quasi tutte finite male.
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L'ALCHIMISTA
Senza avere la minima idea di come venir fuori dal pantano ucraino, Letta discetta dell'Europa del dopo. Bruxelles vaneggia di processare Vladimir Putin e propaganda un'Unione ventura felice in cui tutti vanno d'accordo e non si fanno le scarpe tra loro. L'alchimista del Pd sogna di esportare a Bruxelles il campo largo della sinistra nostrana. Siamo alle comiche. Nessuno sembra avere presente che, se anche l'Occidente dovesse vincere la guerra, non certo sul terreno, giacché non combattiamo, ma per un crollo interno del nemico- per ora una speranza più che una possibilità-, non sarà lui a vincere la pace. La Russia già collassò una volta, senza bisogno che sparassimo un solo colpo, e si disintegrò, con l'aiuto dell'Occidente, che strinse contratti con gli oligarchi per depredarne le risorse arricchendo una banda di criminali. Dovesse ricadere oggi, a dividersi le spoglie e le immense ricchezze naturali di quel che fu l'Impero Sovietico, non saremmo noi ma i cinesi.