Green pass, addio subito: chi si schiera contro Roberto Speranza, ribaltone in maggioranza. Il ministro è finito?
La vita del green pass, almeno sulla "carta" e nonostante le impuntature di Roberto Speranza, potrebbe avere vita breve. Non c'entra qui l'emergenza subentrata - la guerra in Ucraina - che ha scalzato il Covid dal podio nel dibattito pubblico, ma la scadenza, prevista per il 31 marzo, dello stato di emergenza sanitario legato proprio al coronavirus. Alla luce di quella data, su cui è giunta la conferma del premier, anche Giuseppe Conte sembra essersi convinto a dire se non proprio "basta", per lo meno sì a un suo sostanzioso ridimensionamento: «Credo che alla luce dell'andamento della curva epidemiologica e del minore stress sulle strutture sanitarie» il green pass dovrebbe essere «soggetto a revisione».
Green pass cancellato il 31 marzo? Il testo decisivo, tam-tam a palazzo: addio al certificato
Così il capo politico "sospeso" dei grillini - finora timido rispetto alle richieste di una robusta delegazione parlamentare (capeggiata dall'ex ministro Fraccaro) sullo stop al lasciapassare - ha posizionato il MoVimento sulla linea di un alleggerimento delle restrizioni legate alla pandemia, entrata ormai in una fase endemica. Nessuno strappo («Va fatto con conforto del Cts», ha precisato) ma un appello rivolto pubblicamente a Draghi e al ministro Speranza «ad un confronto quanto prima possibile per un piano di revisione di tutte le misure».
PROGRESSIONE
Anche per l'ex premier, dunque, il dado è tratto. Una posizione ribadita dai parlamentari 5 Stelle impegnati ieri nel voto di fiducia al Dl Covid in Senato, dove con 193 voti a favore e 35 contrari è stata confermato la fiducia posta dal governo sul decreto legge che prevede l'obbligo di vaccino anti-Covid per gli over 50, provvedimento che diventa definitivo. «Si deve attuare una progressione graduale», ha spiegato in dichiarazione di voto Raffaele Mautone secondo il quale «non si tratta di essere più o meno aperturisti o far passare il messaggio sbagliato di un immediato liberi tutti. Occorre essere semplicemente realisti ed equilibrati».
Della stessa opinione i grillini della commissione Lavoro di Palazzo Madama concordi nell'ancorare la decisione al miglioramento della situazione epidemiologica e del tasso di occupazione decrescente nelle strutture sanitarie: «Ciò a nostro avviso, come sottolineato anche da Conte, dovrebbe indurre a una revisione del green pass dal 1° aprile».
PESCE D'APRILE
Pensare per quella data a una modifica radicale del green pass potrebbe non risultare un "pesce d'Aprile". Sul tema, infatti, sia la Lega che Fratelli d'Italia insistono da tempo: per un allentamento (i primi) e per un'abolizione totale (i secondi). In Parlamento, dunque, ci sarebbero i numeri: non per un improbabile blitz ma di certo per una pressione su Draghi e sulla sua moral suasion nei confronti del ministro "chiusurista" di LeU. Proprio al titolare del dicastero della Sanità si è rivolto direttamente il capogruppo leghista Massimiliano Romeo: «Signor ministro Speranza, se finisce l'emergenza cosa succede dal primo aprile? Questo cronoprogramma per cui si arriva gradualmente alla data del 15 giugno non sta in piedi», ha attaccato in dichiarazione di voto sull'obbligo vaccinale per gli over 50. Il motivo? Se il 31 marzo finisce l'emergenza «viene meno la base giuridica del green pass. Sennò diventa uno strumento politico, non più uno strumento sanitario».
Da sottolineare - a proposito della frattura già aperta sulle misure di contrasto alla pandemia - come la Lega ieri ha votato la fiducia sul decreto Covid «per senso di responsabilità». Di qui l'avvertimento di Romeo: «Non abusate della pazienza dei cittadini e del Parlamento, perché dal primo aprile arriverà qualche provvedimento in Aula e ci sarà qualche votazione. Ditelo al ministro Speranza». Per il partito di Giorgia Meloni «i dati, come ad esempio il calo dei ricoveri, rendono incomprensibile la pervicacia con la quale l'esecutivo insiste sull'adozione del green pass». A parlare è la senatrice Daniela Santanchè che a proposito del decreto - passato con 193 voti favorevoli e 35 contrari (fra cui i senatori di FdI) - ha insistito sulla sua iniquità: «Contraddice il significato del dettato costituzionale che vuole una Repubblica fondata sul lavoro. Si toglie il lavoro agli over 50 che non hanno il super green pass nel silenzio di quella sinistra che solo a parole dice di essere dalla parte dei lavoratori».
DA NORD A SUD
Le pressioni nei confronti dell'allentamento delle restrizioni sono giunte pure dalle Regioni. «Occorre un percorso di normalizzazione condiviso col governo, a partire anche da una revisione di alcuni aspetti della normativa vigente», ha affermato il presidente della Conferenza delle Regioni, Massimiliano Fedriga. L'obiettivo per i governatori, con la fine dello stato di emergenza, deve essere quello di una «progressione ordinata» verso la piena normalità: «Ad esempio superando almeno in certi ambiti l'obbligo della mascherina Fpp2, o rivedendo le modalità di controllo del green pass nei pubblici servizi, affidando alla responsabilità dei singoli il mancato rispetto della normativa vigente».