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Green pass, Salvini-Meloni alleati in aula per l'abolizione: terremoto in maggioranza. E Forza Italia...

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A pochi giorni dalla "crisi" sul dl Milleproroghe - con l'esecutivo andato sotto ben 4 volte - è stato il nodo Green pass a spaccare ancora la maggioranza e a mettere alla prova la "parola" minacciata da Mario Draghi («Così non si va avanti», aveva intimato ai capidelegazione). A smarcarsi, stavolta, solo la Lega. Oggetto della contesa? La sospensione della carta verde con la fine dello stato di emergenza. Conclusione? Emendamento del Carroccio - su cui si è riformato l'asse con Fratelli d'Italia - respinto ma frattura plastica all'interno della compagine di salute pubblica: da segnalare, infatti, che anche Forza Italia sullo stop alle restrizioni ha dato segnali di irrequietezza. Riavvolgiamo il nastro. Matteo Salvini, già in mattinata, non aveva nascosto la sua opinione sullo stop al Green pass. «Se nei prossimi 40 giorni la situazione migliora si supera lo stato d'emergenza e, dal nostro punto di vista, si superano anche tante restrizioni». Il punto, ribadito dal numero uno di via Bellerio, è «non complicare la vita a chi lavora». 

 

Detto fatto. Pochi minuti dopo la Lega ha tentato il blitz in commissione Affari sociali sul Dl Covid che ha introdotto l'obbligo della certificazione rafforzata per gli over 50. Come? Prima si è smarcata dalle larghe intese, votando insieme all'opposizione di FdI e degli ex grillini di Alternativa l'emendamento sulla quarantena per i bambini (che mirava a eliminarla per gli alunni non vaccinati) sul quale il governo aveva dato parere contrario. Poi la fuga in avanti. Ossia la richiesta di mettere in votazione un suo emendamento, primo firmatario il capogruppo leghista Massimiliano Panizzut, che prevedeva - nonostante, anche qui, il no del governo - lo stop del Green pass dopo il 31 marzo. La seduta a quel punto è stata sospesa e il testo rinviato alla seduta pomeridiana. Nel frattempo il dibattito fra le forze politiche ha fotografato le diverse sensibilità sull'argomento. Il pressing leghista sulla revisione delle restrizioni è sostanzialmente condiviso da Forza Italia. Per Silvio Berlusconi, «come deciso in molti Paesi europei», è arrivato anche in Italia «il momento di rendere meno stringenti le norme per contrastare la diffusione del Covid». Nella forma, però, la decisione degli azzurri è l'astensione sull'emendamento del Carroccio. 

Lo "stop" è motivato dalla volontà di non mettere in difficoltà il governo, come conferma il capogruppo Roberto Bagnasco: «Riteniamo che il valore della coesione della maggioranza sia importante». Su tutte le furie invece idem. «Dopo quello che è successo l'altro giorno con Draghi, come se nulla fosse, la Lega ha votato fuori dalle logica di maggioranza e contro il parere del governo», attacca Enrico Letta in Direzione nazionale chiedendo «serietà: è l'unico modo in cui questo lavoro comune che abbiamo chiesto a Draghi vada avanti con efficacia». La riunione di maggioranza non è servita però per trovare un'intesa sullo strappo. La Lega ha confermato la volontà di non ritirare il sub-emendamento: «Pretendiamo un impegno serio del governo». A far lievitare la tensione, a quel punto, i rumor sulla possibilità di una spaccatura fra i 5 Stelle, dove non mancano gli aperturisti. Così si è tornati in Commissione con la maggioranza divisa ma - alla fine - senza strappi da parte dei pentastellati. 

 

L'emendamento sarà respinto con 13 voti a favore (Lega, FdI e Alternativa) 5 astenuti e 22 contrari (Pd, M5s, Iv, Coraggio Italia e Leu). «Il governo è salvo», hanno ammesso a denti stretti in Commissione Affari sociali. Gelo di Palazzo Chigi sullo svolgimento della giornata. Ciò che filtra è che sul tema non sono previste accelerazioni: ci si baserà sulle evidenze scientifiche. Tesi su cui non è mancata la stoccata finale dell'opposizione di FdI. Per la capogruppo meloniana in Affari sociali Maria Teresa Bellucci «la maggioranza si barrica per difendere una misura che ora più che mai non risulta giustificabile».

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