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«Échec», fallimento. Come definire, altrimenti, il ritiro delle truppe francesi dal Mali annunciato ieri dall'inquilino dell'Eliseo Emmanuel Macron e la conseguente fine dell'operazione Barkhane, lanciata nel 2013 dal suo predecessore François Hollande per contrastare il terrorismo islamico e perla quale sono morti 53 soldati della République. «Il ritiro pietoso dal Mali è il simbolo del fallimento del duo Hollande-Macron», ha reagito il leader della France insoumise, Jean-Luc Mélenchon, parlando di un «disastro ampiamente prevedibile» che ha mandato «in rovina» il Paese africano. Per Valérie Pécresse, candidata dei Républicains alle pre sidenziali, il ritiro da Bamako dei francesi assomiglia molto alla fuga da Kabul degli americani, anche se Macron respinge la nozione di «fallimento».
«Cosa sarebbe successo nel 2013 se la Francia non avesse scelto di intervenire? Sicuramente ci sarebbe stato un crollo dello Stato maliano», ha affermato ieri il presidente francese durante una conferenza stampa. Il ritiro è «coordinato», assieme agli alleati europei e ai partner regionali, e avverrà progressivamente (ci vorranno circa 4-6 mesi). Ma l'impegno nella regione del Sahel, attraverso l'operazione anti-jihadista Barkhane, era soprattutto francese. La Francia ha infatti dispiegato 4.300 soldati nella regione, di cui 2.400 soltanto in Mali, ma nell'ultimo anno, come spiegato da Pierre Haski su France Inter, è stata travolta dall'accelerazione degli eventi e da pressioni divenute insostenibili. Il doppio colpo di stato nel 2020 e nel 2021 a Bamako, con la conseguente ascesa al potere di una giunta militare che ha cavalcato il crescente sentimento antifrancese della popolazione, ha fatto precipitare la situazione.
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I mercenari russi della Wagner, assoldati dalla giunta di Bamako per fare il lavoro sporco contro il terrorismo islamico, «hanno semplicemente assestato il colpo di grazia» alla Francia, secondo Haski. Macron ha promesso il «mantenimento dell'impegno nel Sahel con i Paesi vicini». Ma la fine dell'operazione Barkhane conferma la progressiva perdita di influenza di Parigi in Africa.