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Eutanasia, serve un conclave: una legge non più rinviabile, la politica si chiuda in aula e scriva il testo

Renato Farina
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La Corte Costituzionale ha - com' è noto - dichiarato inammissibile il quesito referendario che avrebbe legalizzato - secondo i promotori e un milione e 200mila italiani che vi hanno messo la firma - l'eutanasia o il suicidio assistito o trovate voi la definizione giusta. In realtà la faccenda non è proprio riassumibile in questi termini. Secondo la Consulta infatti un eventuale "sì" del popolo avrebbe abrogato non il divieto di eutanasia ma avrebbe legalizzato quello che nessun altro Paese del mondo consente, e neppure la Svizzera e neanche l'Olanda, che sono i Paesi pilota in questo campo, si sognerebbero di proporre: avrebbe cioè abolito il reato di «omicidio del consenziente», con rischi tremendi di abuso della volontà dei più deboli. Per questo la corte presieduta da Giuliano Amato ha stracciato il quesito. Personalmente me ne rallegro, sono di quelli che concordano con le parole di Papa Francesco: «Non esiste il diritto alla morte», figuriamoci quello di dare la morte agli altri. Ma non è questo il punto che qui si vuol trattare. Il no della Consulta in realtà - anche se nel breve comunicato stampa non se ne fa cenno - è una bocciatura solenne della inadempienza del Parlamento rispetto ai suoi doveri di legislatore. E qui dovremmo essere tutti d'accordo, qualsiasi giudizio si abbia sulla questione di merito.

 

 

 

CAMERE INUTILI

Che cosa esiste a fare un Parlamento se non delibera su una materia che di certo è delicatissima ma che i casi della vita, il susseguirsi di storie drammatiche, impongono di trattare e - certo approfondendo, ascoltando e litigando - alla fine votare una legge sul tema? La quale deve semplicemente (ma non esiste nulla di più tremendo e meno semplice) rispondere con chiarezza all'interrogativo se si possa interrompere "attivamente" la vita di un uomo o una donna che preferiscono morire facendosi aiutare da qualcuno; e qualora la maggioranza di Camera e Senato optasse per ammetterla, specificare in quali casi e in che modo, in quali luoghi e da parte di chi, con quali controlli, eccetera, rendere possibile questa pratica. Dopo di che, come capitò per divorzio e aborto, esistendo le leggi, diventa possibile abrogarle. Cosa accade in Italia? Il 24 ottobre del 2018 la Corte Costituzionale riconobbe «che l'attuale assetto normativo concernente il fine vita lascia prive di adeguata tutela determinate situazioni costituzionalmente meritevoli di protezione e da bilanciare con altri beni costituzionalmente rilevanti», aveva deciso di rinviare la decisione di circa un anno al fine di «consentire in primo luogo al Parlamento di intervenire con un'appropriata disciplina».

 

 

 

IMMOBILISMO

Il problema è che il Parlamento non ha fatto nessuna legge, né per il sì e neppure per il no. Pertanto che strumenti hanno i cittadini per dir la loro, affermando la volontà della maggioranza sempre all'interno, è ovvio, di una cornice di valori che non possono essere messi ai voti (e anche qui, fioriscono le controversie)? Un referendum non poteva, oggettivamente, tagliando qui e là il codice mettere insieme una legge adeguata alla questione. Il referendum infatti è stato pensato dai padri della Repubblica per consentire ai cittadini di raddrizzare le leggi storte che i loro rappresentanti non vogliono o non sono in grado di correggere. Il quesito è sempre abrogativo. Ma in questo caso come si poteva abrogare una legge che ancora non c'è? E la Corte Costituzionale più che auspicare e poi intervenire mettendo un paletto qui e uno là, non può fare. Aveva citato, nel 2018, il precedente britannico per obbligare le Camere a deliberare. Si trova nell'ordinanza numero 207 del 2018 una sorta di patetico appello: «Lo spirito della presente decisione (cioè chiedere al Parlamento di legiferare in materia, ndr) è, d'altra parte, somigliante a quello della recente sentenza della Corte Suprema inglese... Sottolinearono in quell'occasione i supremi giudici inglesi che una anche solo parziale legalizzazione dell'assistenza al suicidio... reclama una valutazione approfondita da parte del legislatore, che ha la possibilità di intervenire - in esito a un iter procedurale nel quale possono essere coinvolti una pluralità di esperti e di portatori di interessi contrapposti - dettando una nuova complessiva regolamentazione della materia di carattere non penale, comprensiva di uno schema procedurale che consenta una corretta applicazione ai casi concreti delle regole così stabilite». Il tutto in un contesto espressamente definito «collaborativo» e «dialogico» fra Corte e Parlamento». Era il 2018. Il segretario Pd Enrico Letta propose per eleggere il presidente della Repubblica il metodo Conclave. Fu inventato a Viterbo nel 1271 dai fedeli infuriati perché i cardinali non si decidevano a pronunciare l'"Habemus Papam". Chiudere in aula i parlamentari, tenerli a pane e acqua, finché non se ne escano con una legge. Poi al massimo la si abrogherà tramite referendum. 

 

 

 

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