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Mario Draghi non sopporta più le follie del M5s: sfida aperta a Conte. Il piano per isolare i grillini

 Mario Draghi

Fausto Carioti
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Il Mario Draghi che festeggia oggi il primo compleanno del suo governo è un uomo tutto sommato libero. Non ha più nulla da chiedere ai partiti: la presidenza della repubblica (almeno per questo giro) è andata, l'idea di guidare l'accozzaglia centrista alle elezioni lo inorridisce e di tornare a palazzo Chigi dopo il voto del 2023 francamente se ne infischia. Tutto ciò facilita il suo compito attuale: può governare come piace a lui, senza preoccuparsi di come reagiranno le forze della maggioranza.

 

 

L'ITALIA DI MARIO - A modo suo, però, Draghi farà politica, e - spiega chi ne ha discusso con lui - ha ben chiaro a chi si rivolgerà. Non ai partiti e nemmeno direttamente agli italiani, esercizio "populista" che -non gli si addice. Parlerà invece alle categorie produttive, agli scienziati (il 16 febbraio visiterà i laboratori del Gran Sasso, assieme al premio Nobel Giorgio Parisi), agli amministratori dei territori più importanti (un antipasto si è avuto a Genova, nell'incontro con il sindaco Marco Bucci e il governatore Giovanni Toti), ai vescovi. Il 23 febbraio sarà nel convento fiorentino di Santa Maria Novella, all'apertura del grande convegno promosso dalla Cei sul "Mediterraneo frontiera di pace". I suoi interlocutori nazionali, insomma, saranno quelli che, nei diversi campi, portano avanti il Paese. I partiti non appartengono a questa categoria. Draghi li mette tutti allo stesso (basso) livello, ma quelli con cui il rapporto cambierà di più sono il M5S e il Pd. In quanto gruppo più numeroso del parlamento, sino all'elezione del capo dello Stato i grillini hanno avuto da lui un occhio di riguardo, anche nell'affrontare la pratica del reddito di cittadinanza: non sarà più così.

 

 

Quella frase durissima del premier sulla «grande truffa» permessa dalle agevolazioni fiscali per l'edilizia («Chi più tuona sul Superbonus sono quelli che hanno scritto la legge che permette di fare lavori senza controlli») era dedicata a loro e ai loro alleati del Nazareno: le firme su quel provvedimento appartengono a Giuseppe Conte e Roberto Gualtieri, premier e ministro dell'Economia del governo giallorosso. A insorgere, infatti, sono i loro partiti. Il grillino Riccardo Fraccaro, che fu sottosegretario di Conte, accusa Draghi di aver detto sul Superbonus «una grande bugia», e la piddina Stefania Pezzopane giudica «una follia» la scelta di fermare la cessione del credito.

 

 

LA SPONDA CON LA LEGA - È solo l'inizio. Perché nei prossimi giorni, d'intesa col leghista Giancarlo Giorgetti, ministro per lo Sviluppo economico, e Roberto Cingolani, ministro della Transizione ecologica, Draghi autorizzerà il raddoppio della quantità di gas estratta in Italia. Una volta a regime, questo consentirà di ridurre un po' la dipendenza energetica nazionale e attutirei rincari del combustibile. Ciò avverrà sia sfruttando di più i giacimenti esistenti, sia avviandone di nuovi: operazione possibile perché la moratoria sino ad oggi in vigore, voluta da Conte e dai Cinque Stelle nel 2019, è stata appena dichiarata conclusa dal governo. Un affronto al M5S, insomma: era stato Luigi Di Maio, all'epoca ministro per lo Sviluppo, a dire che «lo stop alle trivelle è una battaglia per la sovranità nazionale», e adesso che lui tace sono i suoi compagni del movimento ad innalzare le barricate contro le perforazioni e l'aumento dell'uso delle fonti fossili.

Si prepara così un altro scontro con Draghi, nel quale i pentastellati, però, si troveranno soli. Molti amministratori locali del Pd apprezzano la scelta del premier, e quelli che al Nazareno non la condividono se ne faranno una ragione. Mentre nel centrodestra si festeggia: la Lega rivendica l'aumento della produzione di metano come una propria vittoria e spera che il presidente del consiglio si occupi presto delle altre truffe, quelle che si moltiplicano attorno al reddito di cittadinanza. I problemi per il Carroccio e Forza Italia verranno dopo, quando Draghi metterà mano alla riforma delle concessioni balneari. Ma finché sul tavolo ci sono il Superbonus e il "Dossier trivelle", tocca ai giallorossi soffrire.

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