Giancarlo Giorgetti, "dopo il Quirinale sarà dura": verso la crisi di governo? La frase "rubata" al leghista
È sempre e solo una questione di tattica. E per una volta il milanista Matteo Salvini ha provato a copiare l'ex interista José Mourinho. Il rischio è grosso: essere travolto dalle critiche per la gestione della partita quirinalizia. Allora che si fa? Si alza un bel polverone attaccando a destra e a manca e si sposta l'attenzione. Magari nella speranza di fare un bel triplete: tenere salda la barra della segreteria; realizzare la federazione repubblicana; riuscire a sterzare l'azione del governo. Per provare a realizzarlo, il triplete, tocca partire dalla partita più vicina e più difficile. Quella di governo. Salvini ieri ha ribadito che la Lega resterà al fianco di Draghi che è e resta il garante di questa strana alleanza. A patto però che l'esecutivo non si metta in testa di introdurre nuove tasse sulla casa, che rinunci all'idea targata Pd-Leu della patrimoniale e della riforma del catasto. E ancora il leader leghista ha chiesto ai suoi ministri di opporsi a nuove restrizioni per il Covid e a ulteriori differenziazioni tra vaccinati e non vaccinati. Un altra richiesta di Salvini è quella di varare al più presto un decreto che aiuti famiglie e imprese in crisi con il pagamento delle bollette di luce e gas, oltre ovviamente ai temi evergreen della difesa dei confini e della lotta all'immigrazione. Oggi è in calendario il vertice a tre con Salvini, Draghi e Giorgetti, ma non è confermato. Proprio quest' ultimo, pur approvando la relazione del segretario, ha spiegato con franchezza di essere «preoccupato» perché «con una maggioranza così larga non sarà facile per il governo proseguire fino al 2023». Sempre il ministro per lo Sviluppo economico avrebbe rimarcato che l'esecutivo «sta vivendo un momento difficile», legato alle fibrillazioni registrate prima, durante e dopo l'elezione del Capo dello Stato.
TUTTI CON MATTEO - Delle tre partite quella più facile è senza dubbio quella della segreteria. Nessuno ieri entrando in via Bellerio o collegandosi da remoto, ha messo in dubbio il ruolo di Matteo, accolto da un applauso al suo ingresso nella stanza della riunione. Lui ha ringraziato e poi ha spiegato quello che sarà il suo nuovo ruolo. Per farlo è partito dalle scelte della scorsa settimana. «Sono il leader, dovevo prendere una decisione in tre minuti- ha detto ai suoi -. E Mattarella ha sempre dato sponda anche al progetto dell'autonomia». E ancora: «Sono contento di essere colui che ha messo fine alle ipocrisie dicendo "piuttosto che andare avanti con i no reciproci chiediamo un sacrificio a Mattarella", e lo rivendico», ribandendo che l'unico punto su cui un po' tutti erano d'accordo era il ruolo di Draghi a capo del governo. Infine Salvini ha spiegato di non poter essere sempre lui quello in prima fila e avrebbe invitato i big del partito a prendersi più responsabilità. Un passaggio quest' ultimo che avrebbe suscitato perplessità soprattutto tra i governatori, che negli ultimi due anni di pandemia si sono spesso sentiti soli nella loro battaglia al Covid. Segno evidente che quell'unità granitica raccontata dai protagonisti mentre uscivano alla spicciolata da via Bellerio, mostra ancora qualche crepa.
L'EX AMICA GIORGIA - L'ultimo punto toccato da Salvini è stato quello delle alleanze. Matteo ha ricevuto pieno mandato a fare quello che crede meglio per il partito. «La Lega è compatta e il centrodestra si ricostruisce, non c'è problema», ha spiegato Salvini. Quindi avanti con il progetto del partito Repubblicano. Il prezzo da pagare, però, potrebbe essere alto. Nell'incontro con Berlusconi («ho riabbracciato un amico che ha passato brutti momenti») il Cav ha fatto intendere che l'unica via transitabile per una federazione passa dall'ingresso del Carroccio nel Ppe. L'altro ostacolo è rappresentato dalla Meloni. Nessuno crede veramente che alla fine Matteo e Giorgia strapperanno, mettendo a rischio le alleanze sul territorio. Gli elettori di centrodestra non capirebbero e finirebbero per punire sia Salvini sia Meloni, che resta comunque in rampa di lancio almeno nei sondaggi. Per questo Salvini ha invitato i suoi da un lato a ricucire, ma dall'altro a rimarcare le differenze «storiche e culturali» tra Lega e FdI».