Centrodestra, Alessando Sallusti: il Quirinale non c'entra, ecco il giorno in cui nel 2018 è morta la coalizione
Sono giorni difficili per il Centrodestra uscito stordito, per un verso o per l'altro, dalla prova quirinalizia, e non mi riferisco solo ai tre leader e ai loro generali e colonnelli bensì ai loro elettori. Matteo Salvini va da una parte e lancia un nuovo "cartello repubblicano" presumibilmente aperto ai centristi, Giorgia Meloni si candida a prendere la guida della coalizione "ma senza nessun inciucio" con i nemici interni ed esterni, Silvio Berlusconi si guarda in giro pronto a esplorare anche nuovi scenari.
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Quanto può durare una situazione del genere, e soprattutto è possibile rimettere insieme i cocci dopo che ieri autorevoli esponenti leghisti hanno dato della traditrice estremista alla Meloni? Dobbiamo essere onesti. Il centrodestra, così come lo abbiamo conosciuto e percepito da quasi trent'anni non esiste più, in realtà è morto domenica 4 marzo 2018 quando il risultato delle elezioni politiche ha sentenziato la fine della leadership di Silvio Berlusconi. Quel Centrodestra non poteva sopravvivere all'impasse del suo fondatore che lo aveva costruito a sua immagine e somiglianza su un modello che prevedeva un partito egemone, il suo di centro, e due partiti di minoranza alla sua destra. Da allora e per quattro anni abbiamo fatto finta che così non fosse, abbiamo minimizzato le divergenze, le contraddizioni e pure le liti ma oggi non ha più senso continuare a farlo.
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Il campanello di allarme delle ultime amministrative - con i casi imbarazzanti di Roma e Milano - è diventato alla prova del Quirinale una campana di quelle grosse e assordanti e non sarà certo una eventuale tregua (magari in occasione delle elezioni amministrative di questa primavera) a risolvere il problema. In altre parole il teorico passaggio di consegne tra Berlusconi e Salvini per tenere insieme la coalizione è fallito, anche perché nel frattempo Giorgia Meloni è schizzata là dove nessuno aveva previsto potesse arrivare. Inutile cercare soluzioni ordinarie per un problema straordinario. Non si può stare un po' al governo e un po' all'opposizione, non si possono avere tre linee diverse in politica estera perché da fuori ci prendono per matti. Berlusconi ci era riuscito ma alla lunga si è logorato, Salvini ci ha provato ma forse non c'erano più le condizioni. Tocca ora a Giorgia Meloni inventarsi qualche cosa di nuovo che vada oltre il suo florido feudo. Per lei è la partita della vita.