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Matteo Salvini, il partito Repubblicano? L'occasione per spezzare l'egemonia del Pd

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Corrado Ocone
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La stampa progressista, cioè i tre quarti di quella italiana, ancora una volta è stata impietosa e ingenerosa con Matteo Salvini, "reo" solo di averle provate tutte per dare all'Italia un presidente di alto profilo ma proveniente dall'area politica non progressista. Che è poi nulla più di quel che è quasi sempre, accaduto in passato, ma col segno cambiato. Come dire, parafrasando Orwell, che tutte le forze politiche sono uguali in democrazia, ma qualcuna è più uguale delle altre. Sarebbe però poco obiettivo non considerare l'altra faccia della medaglia, e cioè il fatto che, non solo il centrodestra non ha raggiunto il quorum, ma ha anche perso per strada una settantina di voti. Nonostante la generosità di Matteo Salvini, dire che il centrodestra abbia in parte fallito i propri obiettivi, non è sbagliato. Ed è da qui che bisogna ripartire: non solo per fare autocritica, ma anche per rilanciare con un progetto politico ambizioso.

 

 

 

Non bisogna leccarsi le ferite, ma rimboccarsi le maniche e agire. Che è quanto ha fatto Salvini riproponendo quella federazione fra le forze di centrodestra, a cominciare da quelle che sono nella maggioranza di governo, che era stata archiviata qualche mese fa per rendere più agevole un accordo per il Quirinale. Questa volta Salvini ha proposto anche un modello concreto, il Partito Repubblicano americano. La particolarità del Grand Old Party è di essere uno e plurale al tempo stesso. Uno, quando si tratta di decidere per un obiettivo comune; plurale, perché in esso le diverse forze e sensibilità politiche, e le diverse anime territoriali, hanno la possibilità di esprimersi liberamente e conservare la propria identità. Come dire: pensare con le proprie teste, ma poi agire e colpire uniti. Ovviamente, un modello così funziona se si realizzano due condizioni: da una parte se c'è una cornice di valori comuni; dall'altra, se c'è una struttura centrale e un leader carismatico che elaborino un'opportuna sintesi delle diverse esigenze. La sintesi non potrà essere una mera sommatoria, o una lottizzazione interna: per esempio, non si può proporre una rosa di nomi come quella composta da Pera, Moratti e Nordio, nomi equamente divisi fra i tre partiti maggiori.

 

 

 

D'altro canto, la cornice comune c'è tutta, tanto che Salvini l'ha esplicitata in una sorta di articolo-manifesto uscito su Il Giornale. E l'ha poi sintetizzata in 3 aggettivi: «Bisogna federare - ha detto - liberali, garantisti, cattolici». Che è poi un riprendere il vecchio programma di Forza Italia, adattandolo ai nuovi tempi. Con un nuovo leader e un indiscusso "padre nobile", che ovviamente non può che essere Silvio Berlusconi. Anche il blocco sociale di riferimento è ben delineato, ed è quello delle forze produttive e del lavoro, dei piccoli e medi imprenditori, delle partite Iva. Cioè il vero motore dell'Italia, costituito da coloro che chiedono allo Stato non bonus e sussidi ma solo di essere messi in condizione di operare. Una bella sfida, questa del Partito Repubblicano Italiano (che ovviamente non è quello, pur nobile, di Ugo La Malfa)! E anche una scommessa che non ha alternative. Forse è l'ultimo treno concessoci per spezzare l'egemonia di sinistra che tiene bloccato il Paese.

 

 

 

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