Matteo Salvini "tritato" sul Quirinale. Il retroscena: chi l'ha tradito, com'è andata veramente
Se accendi la televisione, nelle tante dirette per l'elezione del presidente della Repubblica, non c'è un commentatore che non dica che Salvini ha fatto una figuraccia, che non è un leader all'altezza, che dovrebbe andarsene, che è una trottola. Se apri i social network gli epiteti rivolti al leader leghista sono ancora più duri, insulti puri. Però calma a fare i funerali alla gente, in particolare al segretario del Carroccio. Sicuramente l'immagine del Capitano, che si propone in favore di telecamere sempre battagliero, decisivo, risolutivo, non ne è uscita vincente. Sicuramente il risultato- ad esempio eleggere un presidente di area centrodestra - non è stato raggiunto, tuttavia Salvini è stato l'unico protagonista politico ad aver giocato, ad averci messo la faccia, ad aver tentato di costruire un'alternativa a Mattarella. L'impegno è stato massimo, forse è stato proprio uno dei pochi a essersi impegnato. Gli altri? Te li spiego... Il leader leghista voleva consacrare la sua leadership nel centrodestra e fuori dalla sua coalizione. Ma già tra i cosiddetti alleati non ha trovato terreno facile: - Da una parte Silvio Berlusconi ha congelato ogni dibattito sul Colle fino a sabato scorso, quando il Cav aveva fatto sapere che avrebbe fatto un passo indietro. Da lunedì è iniziata la partita, in salita, e alla fine lo stesso capo di Forza Italia è rientrato in campo prima spingendo per testare la candidatura di Maria Elisabetta Alberti Casellati, finita male anche per i franchi tiratori azzurri e centristi, poi smarcandosi dal centrodestra nella notte di venerdì con l'apertura a un Mattarella bis o a Casini, per fermare l'ipotesi Elisabetta Belloni, uscita da una mezza intesa fra Lega-M5S-Pd su indicazione di Conte e Letta. Ma come poteva la Lega votare per Casini, cioè un rivale storico dentro il centrodestra e ultimamente passato al Pd? Era una polpetta avvelenata. - Dall'altra parte Giorgia Meloni ha giocato, legittimamente, in chiave elettorale. Lei da tempo puntava su Draghi con due visioni: una di breve, ovvero sperare in una fine anticipata della legislatura, andare a votare e aumentare - visti i sondaggi - le truppe di Fdi in Parlamento; una di lungo, il premier al Quirinale sarebbe stato garante dell'Italia in Europa e nel mondo nei prossimi 7 anni, quindi una sicurezza nel caso di un governo a trazione sovranista.
"Questi sono dei...": Berlusconi, dal letto d'ospedale il clamoroso schiaffo a Salvini e Meloni
VETI E PRESE IN GIRO - Fuori dal centrodestra c'è stata una presa in giro. A cominciare da Enrico Letta. Il segretario Pd sapeva di essere perdente nella partita per il presidente, visto che conta su appena il 15% dei grandi elettori. Così ha passato la settimana a dire "no" alle proposte in chiaro e in privato avanzate da Salvini: no a Draghi, nonostante ufficialmente i dem facevano finta di tifare per SuperMario, no alla Casellati, benché sia la seconda carica dello Stato, no alla Belloni, perché mal posta a livello mediatico. E allora come si fa ad andare avanti con uno che frena su tutto, se non è uno dei suoi, e che ricatta minacciando la fine dell'esecutivo Draghi? Vogliamo poi parlare di Renzi? Ha fatto il buono per giorni, ma appena è uscito il nome della Belloni, ha perso la testa, urlando contro il mondo che la maggioranza di governo era in pericolo, che i politici rischiavano di finire sotto ricatto da una dirigente dei Servizi segreti... Il Matteo fiorentino voleva Casini, bravo. Indigeribile, ripetiamo, perla Lega. Infine c'era Conte, un signore che trattava senza controllare le truppe grilline in Aula e senza avere il consenso all'interno del gruppo dirigente M5S. Di Maio l'ha mandato a stendere. Chiaro che alla fine Salvini, dopo aver proposto in extremis Marta Cartabia, sia stato costretto a ripiegare su Mattarella. «A me sembra che il nome che tutti gli altri avessero proposto fino a sabato mattina fosse un altro rispetto a quello del presidente. Un nome di tutto rispetto. Mi sembra che tutti gli altri fossero d'accordo su un altro nome, non la Belloni, sto parlando di Casini», ha commentato l'ex ministro dell'Interno». Se fosse andato avanti con le trattative lo avrebbero indicato come il responsabile dell'incremento dello spread: il Matteo leghista gioca sempre con l'handicap, perché è sempre considerato come l'uomo nero. E allora prima di essere impallinato definitivamente, ha dato il via libera al bis del presidente. «Forse ho esagerato in lealtà e generosità», ha spiegato ai suoi il Capitano. Ora inizia la lunga campagna elettorale fino alla primavera 2023. Manca un anno, succederà di tutto. L'unica certezza è che la Lega c'è e la prossima volta non si farà più fregare da alleati e avversari che hanno tirato indietro la gamba, se non peggio...