Quirinale, Mario Draghi frenato da Antonio Funiciello? Retroscena: così il suo capo di gabinetto lo ha "sabotato"
La candidatura di Mario Draghi è ancora sul tavolo, e forse lo è proprio perché tutti o quasi i leader di partito sembrano averla scontata, almeno ufficialmente. Però una cosa è certa: a complicare la sua scalata al Quirinale, "telefonatissima" fin dal momento della sua nomina a premier quasi un anno fa, è stato l'atteggiamento fin troppo spregiudicato del suo braccio destro. Antonio Funiciello. Ne è sicuro Augusto Minzolini, direttore del Giornale, che torna a vestire i panni del retroscenista con lo pseudonimo Joda per sganciare una bomba proprio sul funzionario: "Alla fine - scrive Minzo/Joda - uno degli altri protagonisti di questa crisi nella terra di «centro» se l'è presa con il grande consigliere del premier Antonio Funiciello: «Draghi se non andrà al Quirinale lo deve solo a lui. Ai suoi errori».
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Come rivelato da fari retroscena, è stato proprio Funiciello, dalle ben note simpatie progressiste, a gestire in prima persona il dossier candidatura dell'ex numero uno della Bce, a cominciare da un chiacchieratissimo e riservatissimo (per poche ore) incontro a Palazzo Chigi con Gianni Letta, prima del vertice di centrodestra. Narrano i retroscenisti di un Silvio Berlusconi spiazzato dalla mossa del suo fedelissimo, ma la verità è che Funiciello si sarebbe "allargato". Troppo. E ci sarebbe sempre lui dietro l'unica, vera caduta del premier: l'essersi offerto, letteralmente, come "nonno della patria" nella contestatissima conferenza stampa di Natale, quella della sua discesa in campo.
Nelle ultime due settimane, complice un oggettivo rallentamento nelle politiche del governo, e con una maggioranza sempre più sfaldata vista Colle, Draghi è passato da "gran riserva" della politica a un problema, ingombrante e difficile da risolvere. Tanto che la tentazione, ormai dichiarata di Lega e M5s, è quella di "imbullanarlo" a Palazzo Chigi proprio per evitare un suo commissariamento di fatto per i prossimi 7 anni. Certo, le alternative non sono il massimo, e sembrano tutte o controverse o "arrangiate". E così la sarabanda di candidati potrebbe rientrare nel solito "teatrino", funzionale a ritirare fuori il nome di SuperMario tra qualche ora, come extrema ratio, ultima possibilità di salvezza,. Proprio come la carta del Mattarella bis oggi, o come quella del Napolitano bis nel 2013. Roba da ultimo secondo. E in quel caso, chissà che non avesse ragione Funiciello, nonostante tutto.