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Quirinale, salta Silvio Berlusconi? Matteo Salvini e il piano-Casellati: le indiscrezioni sul leghista

Fabo Rubini
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Dice Salvini: «Sono pronto a fare un nome capace di mettere d'accordo tutti». Replica Meloni: «Anche noi ne abbiamo almeno uno da proporre». Chiosano da Forza Italia: «Pure noi a nomi siamo messi bene». E a pochi giorni dall'inizio delle votazioni per il presidente della Repubblica viene il dubbio che il centro destra non abbia un piano B, ma tre. Il che non è necessariamente una buona notizia. Il suo leader in pectore, Matteo Salvini, ostenta ottimismo e ribadisce che «verrà eletto un presidente della Repubblica con soddisfazione di tutti». Ed è in quel «tutti» che sta la strategia della Lega. Perché per non scontentare nessuno, o comunque il minor numero possibile di partiti, l'identikit non può certo corrispondere a quello di Silvio Berlusconi, che resta comunque il candidato del centrodestra unito almeno fino a quando dovesse accorgersi di non avere i voti sufficienti. La qual cosa dovrà avvenire entro oggi o domani, quando si terrà l'ennesimo vertice del centrodestra. In quell'occasione Silvio o chi per lui, dovrà mettere le carte in tavola. Solo dopo si inizierà a ragionare sudi un vero piano B. Ma cos' ha in mente la Lega? Intanto a blindare Draghi, sì, ma a Palazzo Chigi. 

 

«Chi sarà a capo del governo nei prossimi mesi? Io penso Draghi. Averlo a Palazzo Chigi, da italiano, mi rassicura» ha ribadito Salvini. E a proteggere comunque Silvio Berlusconi. I due si sono sentiti ieri telefonicamente ma «il contenuto lo tengo per me», ha ribadito il Capitano. Il nome del leader di Forza Italia difficilmente verrà messo in campo nelle prime tre votazioni. Il rischio per il centrodestra, però, sta proprio nel quorum che inizierà a scendere dal quarto giro di voti in avanti, permettendo alleanze strane che potrebbero scombinare i piani. Quali i nomi da buttare in pasto e sui quali magari trovare un'intesa? Nelle ultime ore stanno salendo le quotazioni di due donne. La prima è la presidente del Senato Maria Elisabetta Casellati, che piace soprattutto a Forza Italia, è di alto profilo istituzionale ed ha rapporti con la magistratura essendo stata apprezzato membro del Csm. E anche il Carroccio alla fine l'appoggerebbe volentieri. L'altra, che potrebbe restare nascosta per sfoderata più tardi è la carta con l'effige di Letizia Moratti Brichetto. 

 

L'attuale assessore al Welfare di Regione Lombardia, al pari della Casellati, è forte di un curriculum di tutto rispetto (ministro, presidente Rai, manager di razza e una spruzzata di sociale col suo impegno a San Patrignano). Tra l'altro piace sia alla Lega - che l'ha fortemente voluta al Pirellone - sia a Silvio Berlusconi, che nel recente passato le ha fatto la corte per farla ricandidare a sindaco a Milano. La soluzione per il Colle potrebbe stare in queste due figure oppure, come dice qualcuno passeggiando in Transatlantico, «in un nome davvero a sorpresa che spunterà solo a partire dalla terza votazione e che potrebbe farcela già alla quarta». Il ragionamento della Lega è semplice: la sinistra da giorni strepita e chiede di togliere dal tavolo il nome di Berlusconi. Una volta ottenuto lo scopo, però, non potrà continuare con la strategia dei "no" e potrebbe ammorbidirsi maggiormente sui nomi alternativi. E quelli fatti poc'anzi non sono certo «divisivi» o «irragionevoli». Una strategia che potrebbe aver trovato la sua prima mossa, a sorpresa, in Europa. 

Ieri infatti al Parlamento europeo la Lega - così come fece M5S nel 2019 - ha votato con la "maggioranza Ursula" la maltese Roberta Metsola quale presidente dell'assemblea. Una mossa che più d'uno ha interpretato non solo come un avvicinamento al Ppe, ma soprattutto come un'apertura sul tavolo del Quirinale. Del resto il Carroccio anche ieri ha ribadito di essere deciso a giocare fino in fondo il ruolo di mazziere: «Avremo onore e onere di proporre soluzioni che partono da chi ha più numeri in Parlamento», ha detto Matteo Salvini. La cosa certa è che, per dirla con le parole di Riccardo Molinari, capogruppo del Carroccio alla Camera, «se fallisce il tentativo di Berlusconi, non regaleremo il Colle alla sinistra». Sarebbe imperdonabile. E sancirebbe la fine del centrodestra così come lo conosciamo.

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