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Roberto Fico straccia la Costituzione per sgambettare Berlusconi: teme il contagio della democrazia?

Roberto Fico

Pietro Senaldi
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Il senso dei grillini per le istituzioni è perfettamente incarnato da Roberto Fico. Il presidente della Camera si è dato la missione di sgambettare Silvio Berlusconi nella corsa per il Quirinale. È convinto che l'operazione gli procuri benemerenze e un lavoro quando questo Parlamento scadrà, comunque sempre troppo tardi. Per questo l'eminenza pentastellata sta facendo di tutto per impedire ai deputati positivi di votare il prossimo capo dello Stato. Al Cavaliere servono 505 voti per essere eletto. Sulla carta parte da 450, neppure tutti sicuri. È in campagna acquisti e si dice persuaso di farcela, ma è aritmetico che, se dal parco votanti si tolgono quei 30-40 parlamentari che statisticamente saranno positivi lunedì prossimo, Silvio per essere sicuro di farcela deve spostare l'asticella dei suoi elettori a 525-530.

 

 

L'impresa è ardua e potrebbe spingere il capo di Forza Italia ad abbandonare l'avventura, facendo felici la sinistra e trasformando Fico nell'eroe delle quattro sinistre. Il ragionamento fila, peccato che cozzi con la Costituzione, secondo la quale il ruolo di Fico gli impone di fare l'impossibile per consentire a tutti di votare, non già di stabilire chi può farlo e chi no in base ai risultati di un test medico. Il presidente della Camera si difende sostenendo che anche alla votazione per Mattarella non presero parte tutti gli aventi diritto, ma ancora una volta fa strame della Carta. Neppure un macellaio delle istituzioni paragonerebbe infatti chi rinuncia per scelta a esercitare un diritto da chi è impedito a farlo malgrado lo voglia. Avere qualche dozzina di parlamentari positivi certo è una seccatura, ma non un problema che necessita di Pico della Mirandola per trovare una soluzione, soprattutto se, come si è deciso, ci sarà un solo scrutinio al giorno.

 

 

Quando si vota il presidente, le Camera non fanno altro. Si dedichi una stanza ai positivi, con percorso d'accesso isolato, se si vuole anche con orari specifici, e nottetempo si bonifichi il tutto. Le elezioni del Capo dello Stato non sono le primarie grilline, dove chi c'è, c'è, e in meno si è meno fessi dicono la loro. Si tratta di un evento sacro per la democrazia, deputato a scegliere il garante della tenuta democratica di Camera e Senato, non il cameriere parlamentare dell'elevato di Nervi. È giusto che ognuno faccia il tifo per chi vuole, ma mandarlo in vacca alterando le regole del gioco farebbe crollare la credibilità del castello. Per dirla con Grillo, aprirebbe la scatoletta di tonno dove Fico si è accomodato così bene, ma non per fare pulizia bensì per distruggere la sola cosa che essa ormai conserva, l'apparenza di democrazia. Il voto per il capo dello Stato non può essere deciso da regole buttate giù alla bisogna, alla stregua dei famigerati dpcm di Conte.

 

 

È allo stesso tempo incredibile ed emblematico che coloro che si strappano i capelli alla sola idea che Berlusconi diventi presidente della Repubblica, sostenendo che sarebbe una sciagura nazionale e una ferita per la democrazia, siano i medesimi che, pur di impedirlo, sono disposti a passare sopra alla Costituzione come fosse carta straccia. Purtroppo questa stessa gente, se a Silvio riuscisse l'impresa, anziché rispettare la volontà del Parlamento sovrano scatenerebbe una guerra mediatica, giudiziaria e politica contro il Cavaliere sintetizzabile con una sola espressione: atto sovversivo antidemocratico. E dunque, siamo con Tommaso Cerno, l'unico che dai banchi del Pd ha preso la parola per dire che i positivi devono votare a ogni costo. L'unica cosa che si rischierebbe è il contagio della democrazia.

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