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Mario Draghi, il dibattito che angoscia Pd e alleati: ma sarà di sinistra il premier?

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Iuri Maria Prado
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Impegnativo e angosciosissimo dibattito a sinistra intorno al dramma politico del momento: ma Mario Draghi è di sinistra? E, se lo è, quanto lo è? E, se non lo è, quanto non lo è? E via il concerto degli analisti, dei commentatori, dei professori, dei rettori, dei direttori di testata, di rete e di centro sociale, degli editori, dei romanzieri, dei titolisti, dei correttori di bozze della filiera anti-sovranista e dell'associazionismo anti-mafia in girotondo per salvare il Quirinale dall'assalto delle destre, dei sindacalisti embedded in vitalizio e degli ambientalisti in aspettativa, degli ex presidenti della Camera e dell'Accademia del 25 Aprile, dei post-combattenti per i diritti dei lavoratori alla settantaquattresima legislatura, dei trozkisti in distacco ministeriale e dei rivoluzionari con tripla quattordicesima nelle municipalizzate, dei produttori, dei registi, degli scenografi e dei vice-tecnici delle luci e delle vice-truccatrici del cinema con sussidio democratico, degli universitari trentanovenni combattenti per il diritto allo studio, delle padronesse di cucce di cani in penosa degradazione a lavandaie e in eroica rinuncia al maggiordomo, dei conferenzieri anti-precariato con indennità fissa passata dal babbo in pensione d'adolescenza, insomma tutta la meglio gente perbene della Repubblica Bella Ciao, ad accapigliarsi sulle virgole di Draghi che ne denunciano l'autentico profilo progressista o invece lo rinnegano, sulle pause nelle conferenze stampa di Draghi che rivelano o invece mettono in dubbio che il presidente del Consiglio è favorevole allo schwa, sulla piega del sorriso di Draghi che palesa o invece simula soltanto il suo favore per il DdL Zan. Il tutto, sul presupposto che se decidiamo che è di sinistra la democrazia è salva, e altrimenti guai.

 

 

 

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