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Quirinale, Omicron "condanna" Sergio Mattarella al bis? Perché tutto si decide il 3 febbraio

Fausto Carioti
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Mancano dodici giorni all'inizio delle votazioni per il presidente della Repubblica e il numero più importante rimane un'incognita: quanti, tra i 1.009 componenti di quell'assemblea, saranno messi fuori gioco da Omicron? Solo tra i deputati del M5S, ieri, si contavano una ventina di positivi. Un effetto, intanto, la variante del Covid l'ha già avuto: i piani di Sergio Mattarella non sono più sicuri come lo erano qualche giorno fa. Il percorso del capo dello Stato uscente sembrava scritto. Qualora il suo successore fosse stato scelto prima del 3 febbraio, giorno della scadenza del mandato, Mattarella avrebbe lasciato l'incarico in anticipo, accelerando il cambio della guardia: sotto tale aspetto, nulla è cambiato. Sottoposti a revisione in queste ore, invece, sono i suoi progetti nel caso in cui si arrivi a quella data con un niente di fatto.
 

 

 

TEMPI LUNGHI

È un'ipotesi che diventa sempre più probabile: di candidati condivisi al momento non c'è l'ombra e i candidati di parte, quelli che sulla carta già avrebbero grossi problemi per arrivare a 505 voti (il quorum in vigore dal quarto scrutinio) con l'aula piena, dovrebbero rinunciare in partenza ai loro sogni qualora ci fossero trenta o quaranta assenti. Lo stesso Roberto Fico, presidente di Montecitorio, d'intesa con la numero uno del Senato, Maria Elisabetta Casellati, potrebbe decidere di far trascorrere qualche giorno tra una votazione e l'altra, sperando che nel frattempo i numeri dei contagiati scendano. I tempi, così, si allungherebbero ulteriormente. Mai, sinora, si è arrivati alla scadenza naturale del mandato di un capo dello Stato senza che il suo successore fosse già stato eletto. Sarebbe quindi la prima volta, destinata a "fare precedente". L'intenzione di Mattarella era quella di mandare un segnale chiaro all'assemblea e ai partiti impantanati: avrebbe terminato comunque il proprio incarico il 3 febbraio, lasciando che la Casellati, seconda carica dello Stato, svolgesse il ruolo di presidente della repubblica facente funzioni. Era pure pronto a lasciare gli appartamenti del Quirinale prima del previsto: per fare sanificare gli ambienti, ma anche per ribadire, con quel semplice gesto, che lui non ha alcuna intenzione di fare il bis. Come invece continua a chiedergli una parte dei parlamentari (del Pd, del M5S e non solo) e come vorrebbero molti dei governi alleati dell'Italia, dove l'ipotesi più gradita è proprio la conferma di Mattarella sul Colle e di Mario Draghi a palazzo Chigi. Le intenzioni del capo dello Stato, racconta chi gli ha parlato, non sono cambiate: resta contrario al secondo mandato per ragioni personali (è stanco) ed istituzionali (dopo quello di Napolitano, il suo sarebbe il secondo bis consecutivo: l'eccezione che diventa regola). In assenza di un successore già eletto, però, i suoi prossimi passi potrebbero essere diversi da quelli previsti. Niente uscita di scena il 3 febbraio, e dunque nessun trasloco anticipato nel nuovo appartamento ai Parioli, bensì prorogatio: anziché fare posto alla Casellati, Mattarella resterebbe in carica sino all'inizio del mandato del suo successore. Come ha scritto il giurista Giovanni Guzzetta sul Riformista, «entrambe le soluzioni sono costituzionalmente ineccepibili. La questione è solo nelle mani dell'interessato». Il quale ne sta parlando con i propri consulenti. Valutazioni da fare in punta di diritto, ma che non possono ignorare l'aspetto sanitario: si può stare, in piena epidemia, con una guida "pro tempore" e non rodata al Quirinale? E siccome la tirannia dello status quo ha una forza innegabile, è scontato che i supporter della permanenza di Mattarella sul Colle, in caso di proroga del mandato, avrebbero nuovi argomenti per caldeggiare la soluzione più semplice: lasciare tutto così com' è, eleggendo per la seconda volta l'attuale inquilino, che nemmeno se n'è andato.

 

 

 

IL CAVALIERE FA PAURA

È il sogno di molti piddini. L'ala sinistra di Matteo Orfini, ma anche riformisti come Stefano Ceccanti, hanno già detto che sarebbe la soluzione perfetta, e alla fine potrebbe essere abbracciata pure da Enrico Letta, sinora incapace di trovare una strategia in grado di contrastare Silvio Berlusconi. Il quale, raccontano al Nazareno, mette paura anche se dovesse fare un passo indietro. Infatti, qualora il Cavaliere volesse portare comunque al Quirinale un esponente di Forza Italia, ne avrebbe almeno uno in grado di prendere consensi nel Pd: è la Casellati, che trasferendosi sul Colle lascerebbe libera la presidenza del Senato, alla quale aspira il piddino Luigi Zanda, vicino a Dario Franceschini. Il loro gruppo non voterebbe per Berlusconi, ma potrebbe farlo per la sua candidata, provocando sconquassi nel Pd. Motivo in più, ragionano trai democratici, per tenere in piedi la candidatura di Mattarella. Come ha fatto ieri sera Letta, dicendo che il Mattarella bis «sarebbe il massimo, ovviamente». E pazienza se il capo dello Stato ripete di non voler sentirne parlare. 

 

 

 

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